IL PCB DELLA CAFFARO INQUINA ANCORA LE ROGGE

«Sì. Dalla Caffaro continuano ad uscire Pcb e altri inquinanti. E finiscono nelle rogge». Una dichiarazione shock quella fatta dal direttore dell’Arpa di Brescia, Giulio Sesana, che apre una nuova emergenza nell’emergenza. Una dichiarazione destinata a stravolgere il criterio degli interventi di bonifica. Altro che piantumazioni e risanamento dei 263 ettari avvelenati negli anni: prima va tamponata l’emorragia di inquinanti che continua, minuto dopo minuto, ora dopo ora, giorno dopo giorno, là sotto la fabbrica.

 Come è noto la Caffaro (e da tre anni la ditta subentrata, la Fedeli di Pisa) è costretta a pompare dieci milioni di metri cubi d’acqua l’anno dai pozzi interni all’azienda. Un’operazione costosa ma fondamentale per impedire che la prima falda salga troppo e vada a contatto con i veleni sottostanti i capannoni, depositati a tonnellate nelle lavorazioni degli scorsi decenni. Un’operazione, il pompaggio, che non si può interrompere se non si vuole andare incontro a un disastro ambientale. Ma l’acqua pescata dai pozzi è tutt’altro che pura, come dimostrato dalle analisi: mercurio (2,8 microgrammi al litro contro un limite di 1), Pcb (0,09 microgrammi per litro, contro un limite di 0,01) e tracce di altri solventi clorurati, pesticidi e organoalogenati (19 microgrammi contro un massimo di 10) lavorati negli anni dalla Caffaro. Ebbene, quest’acqua, prima di finire nel vaso Franzagola di via Morosini e da qui al Fiume Grande, passa attraverso un sistema di filtraggio a carboni attivi. «Il quale abbatte gran parte degli inquinanti ma non tutti» spiega Sesana.

Ecco il punto. Ogni goccia d’acqua scaricata nei fossi diretti alla Bassa e al fiume Mella contiene una piccolissima dose di veleni. Un fluire continuo e inesorabile, che prosegue da anni. «L’impianto di depurazione funziona ma è perfettibile – aggiunge il direttore dell’Arpa -. Il problema è che l’inquinamento prosegue per dilavamento e dispersione, mentre gli anni passano, si sommano ritardi e la bonifica non arriva».
Sesana, uomo pacato e con un grande rispetto per le istituzioni, non maschera una certa amarezza: «Ma è mai possibile che la pubblica amministrazione non trovi il modo di intervenire»? Già. Ma come? I veleni scappati dai fusti e dalle cisterne della Caffaro che occupa 110mila metri quadrati, sono scesi per decine di metri sotto terra. Non ci sono ad oggi reagenti da iniettare nel sottosuolo per neutralizzare i veleni. Si dovrebbe asportare una montagna di terra grande come il colle Cidneo, oltre 30 milioni di metri cubi. Servirebbero 375 discariche come quella di via Brocchi a San Polo per contenere il tutto.

Operazione fantascientifica. «Siamo al palo – ragiona Sesana -. Andrebbe finanziata la ricerca, perché se manca la forza dello studio mancano le soluzioni». Anni di disinteresse al tema bonifiche, di un mancato know how scientifico, contribuiscono all’empasse. Proseguendo il viaggio del Pcb finito negli anni (ed in misura minore anche oggi) nella roggia Fiumicella, nel vaso Fiume Grande, nella roggia Sorbanella, si arriva a Castelmella e a Capriano del Colle. Nel primo paese dell’hinterland il sindaco Marco Franzini ricorda che i terreni contaminati sono quelli sulla destra del fiume Mella (quindi la fetta di paese verso Roncadelle è immune dall’inquinamento): «Qui sono in vigore dal 2007 le ordinanze che vietano il consumo di uova e ortaggi e per ogni intervento da parte di privati nelle aree in questione il Comune richiede sempre l’analisi puntuale del terreno certificata dall’Arpa». Purtroppo la Regione ha detto no, nel 2008, al finanziamento di un monitoraggio capillare del territorio.
Il Pcb è però arrivato anche a Capriano del Colle.

Nell’alveo della roggia Cavrianella (località cascina San Giorgio e Fenili Belasi) Arpa ha trovato pop, mercurio, piombo e Pcb, quest’ultimo in dosi record: 2547 microgrammi per chilo di terra, (42 volte oltre i limiti). E Legambiente Franciacorta lancia l’allarme sulle discariche utilizzate dalla Caffaro nell’Ovest ed entrate nel sito di interesse nazionale: «Vanno bonificate la Pianera, il Pianerino di Castegnato – tuona Silvio Parzanini – e la pericolosa Vallosa a Passirano: qui i Pcb sono arrivati alla falda profonda e non viene rispettata l’ordinanza di divieto di consumo dei prodotti agricoli». Il male della Caffaro ha contaminato una buona fetta di territorio provinciale.

Pietro Gorlani
pgorlani@rcs.it

da corrierebrescia.it

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