Per rendere l’idea plastica e ficcante di quanti veleni si porti in pancia Brescia, l’Arpa ha deciso di tradurli in chilogrammi. Non in microgrammi (i milionesimi di grammo) l’unità di misura che regola i limiti di legge per gli inquinanti più pericolosi. Si scopre così che nell’acqua di falda emunta da sotto la Caffaro, annualmente si trovano 280 chili di cromo esavalente. Due quintali di solventi clorurati. Cinque chili di mercurio. E «solo» 2 etti di pcb. Inquinanti che non vengono filtrati. Che finiscono quindi nella roggia Fiumicella. E che poi scorrono verso la Bassa. Contaminando rogge e campi. E falde. Tant’è che il cromo è arrivato a Castel Mella, Flero e Capriano del Colle. Reiterando la gravità di quanto successo negli ultimi decenni.
Quintali di inquinanti finiscono nei fossi
I nuovi dati sull’inquinamento del sito Brescia Caffaro, frutto di un lavoro biennale finanziato dalla Regione, sono stati presentati ieri dall’Arpa Brescia nel seminario organizzato all’auditorium dell’Associazione industriale bresciana. Dati che confermano il peggioramento della situazione ambientale e che danno alle istituzioni un quadro completo (e inquietante) della situazione. In città l’emergenza cardine resta quindi il cromo VI, che ha costretto l’Asl a chiudere dei pozzi privati a Folzano, a marzo. Ma i dati spiegano che all’inquinamento della Caffaro (pcb, mercurio, solventi clorurati, cromo) si è somma quello che arriva dalla Valtrompia (cromo, solventi, metalli pesanti) ma anche dalle aziende presenti in città.
Con le loro presentazioni gli esperti Arpa forniscono indirettamente indicazioni su dove agire con più urgenza. Dentro la Caffaro ad esempio. Dei sette pozzi utilizzati per emungere l’acqua di falda solo due vengono filtrati, spiega Tiziana Frassi, colei che ha tradotto «in chili» i veleni. La barriera idraulica funziona bene per i pcb, visto che i nuovi filtri del pozzo «7» trattengono il 98% dell’inquinante. Non così per il mercurio: nel pozzo «2» i filtri hanno dieci anni e non trattengono nulla del metallo cancerogeno. Ci sono poi gli altri quintali di solventi e cromo. Il gruppo Todisco, che nel 2011 lì dentro lavora al posto della Caffaro, non riesce a gestire i costi di altri filtraggi.
Terzi: «Per la bonifica del sito il ministro dell’Ambiente aveva promesso 42 milioni: non li ho mai visti»
«Per la bonifica del sito il ministro dell’Ambiente aveva promesso il finanziamento di 42 milioni entro settembre – spiega l’assessore regionale Claudia Terzi, presente al convegno -. Non si sono visti. Ma Brescia non può aspettare oltre».
Il cocktail di inquinanti che fuoriescono da sotto la Caffaro sono quelli presenti in falda.«E la prima e la seconda falda a Brescia sono collegate in un unico acquifero» ha spiegato ieri il geologo Massimiliano Confalonieri. Falda che alimenta in parte i pozzi dell’acquedotto, che però vengono trattati da A2A cosicché dai rubinetti esce acqua potabile. Il problema però è l’inquinamento prosegue inesorabile verso la Bassa attraverso le rogge. E non solo ha avvelenato i 263 ettari a sud della Caffaro ma altri 330 ettari tra Flero, Castel Mella e Capriano. Rogge che andrebbero bonificate, anche se prima si dovrà fermare le fonti d’inquinamento, se non si vuole che finiscano ancora, in futuro, sui terreni agricoli. Quelli indagati dal geologo Enrico Alberico e da Maria Luigia Tedesco, scoprendo che quasi la metà presenta valori oltre i limiti. Anche se il mais non assorbe i veleni (come dimostrato dall’Asl) il rischio che passino dal campo alla tavola, con gravi conseguenze per la salute, è più che concreto.
Articolo di Pietro Gorlani dal Corriere Brescia
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