Biomasse, altro incontro del Cossav per dire no a centrale

MARMENTINO  –  La sala dell’oratorio Cosma e Damiano di Marmentino è stata completamente riempita con gente in piedi (anche dalle vicine frazioni) ad ascoltare gli interventi dei due relatori nell’incontro organizzato nei giorni scorsi dal Cossav Valtrompia (comitato spontaneo di salute e ambiente) sul caso della centrale a biomasse. L’incontro è iniziato con don Gabriele Scalmana, responsabile per la Salvaguardia del Creato alla Diocesi di Brescia che, nel suo lungo argomentare ha dichiarato che “occuparsi del territorio in linguaggio cristiano è fare la volonta’ di Dio, che ci ha dato la terra come Madre e cosa da tutelare e rispettare e non come cava da sfruttare. Terra che va custodita e coltivata perché sia più bella ed accogliente per noi e per le generazioni future (Papa Francesco l’ha ribadito). Alcuni comportamenti – ha dichiarato – ledono il patrimonio che dobbiamo lasciare alle generazioni future. Una centrale a biomasse come quella di Marmentino, da questo punto di vista, è problematica poiché provoca inquinamento acustico (che causa danni neurologici) e chimico (dovuto ai fumi, alle ceneri).

Biomasse Marmentino

Nel mondo – ha proseguito – si stanno diffondendo sempre più malattie ambientali: allergie e tumori che abbassano la media dell’età di vita sana”. Don Gabriele ha concluso la prima parte del suo discorso dicendo che “il mondo moderno brucia troppo,ma la combustione selvaggia non elimina nulla ma trasforma la materia in qualcosa di pericoloso per la salute e l’ambiente”, portando l’esempio dell’inceneritore di Brescia che brucia 800 mila tonnellate di rifiuti all’anno.La seconda questione che ha affrontato è quella specifica relativa alla centrale di Marmentino, affermando che é gestita da una multinazionale francese, che non ha sede in loco e quindi “non conosce la situazione locale ed é interessata al profitto: guadagnare certificati verdi e quindi incassare gli incentivi statali che noi cittadini paghiamo in bolletta in maniera più o meno mascherata”. Ha ammonito che in futuro ci potrebbe essere il rischio che la centrale bruci di tutto (portando l’esempio della centrale di proprietà di Scotti, quello del riso, dove c’è un processo in corso perché si bruciavano rifiuti).

Ha poi continuato dicendo che in Italia “non abbiamo bisogno di energia elettrica (che la centrale di Marmentino produce) ma avremmo però bisogno di una corretta gestione dei boschi che si allargano in modo disordinato. Quindi sarebbe positivo un utilizzo intelligente dei boschi non per scopi di mero guadagno. Se l’idea iniziale era quella di realizzare una centrale solo termica a cippato locale, quindi vergine, con teleriscaldamento, compensando i boscaioli poteva essere una buona idea, senza bruciare 365 giorni all’anno per produrre energia elettrica. Ora – ha detto Don Scalmana – che fare concretamente? Rimanere vigilanti e mantenersi informati, esigere informazioni. Controllare se tutto é stato regolare sino ad oggi e se ci sono state irregolarità sarà indispensabile farne denuncia. Pretendere controlli all’interno e all’esterno dell’impianto coinvolgendo il Comune che può rivalersi sulla società per installare una centralina che tenga monitorate le emissioni”.

Concluso il discorso, è intervenuto Massimo Cerani, esperto in temi di riciclaggio, energie alternative e gestione dei rifiuti, che dopo una breve premessa ha affrontato il discorso basandosi sul progetto e sull’autorizzazione provinciale dell’impianto, affrontandone le criticità. Cerani ha dichiarato che l’energia in Italia é stata liberalizzata creando di fatto un mercato, ma in questo mercato – ha detto – “vi sono anche le famiglie, i bambini, gli agricoltori, gli allevamenti. Il progetto della centrale di Marmentino è costato 10 milioni di di euro e ci si dovrebbe chiedere cosa si potrebbe fare con questi soldi prima di avviare nuove combustioni che non guardano al bene comune ma al guadagno di pochi. Sottolineando, però, che anche la biomassa in alcune situazioni potrebbe essere interessante se dovesse favorire le popolazioni locali e non la speculazione”. Ha poi continuato con una provocazione, dicendo che “a Marmentino si dovrebbe lavorare sugli edifici pubblici e privati, infatti anche qui sarebbe possibile riscaldare le case per metà del fabbisogno (fino al 70%) con energia solare”. Ha poi affrontato il discorso riguardante la rete di teleriscaldamento, dichiarandola una “trappola tecnologica poiché ci viene detto che il teleriscaldamento evita le emissioni inquinanti di impianti vecchi, ma in realtà non é così perché da ormai 10 anni le piccole caldaie sono meno inquinanti e più efficienti”.

E’ poi passato a parlare nel dettaglio della centrale, la quale “non è assolutamente mitigata, poiché l’inserimento paesaggistico sarebbe la prima cosa da da prendere in considerazione, mentre la detta centrale è una struttura scandalosa che sembra un impianto petrolchimico inserito nei boschi. Fa pensare che chi ha progettato la centrale non sappia minimamente dove sia Marmentino”. Ha poi continuato parlando nello specifico affermando che il progetto e’ stato autorizzato alla FRAVT, però la proprietà è della Gdf Suez, una multinazionale francese da 14 miliardi di euro di fatturato all’anno, gia’ proprietaria degli impianti di Sellero e Collio. La centrale é alimentata al 70% da coltivazione dedicata e il resto da potature e cippato, ma “la ricetta (scritto nell’autorizzazione) é indicativa. Ciò significa che potrebbe darsi che in un futuro si potrebbe cambiare il tipo di biomasse che entreranno. Va ricordato che nelle biomasse sono classificati anche una serie di rifiuti. Cerani ha poi continuato, sempre rifacendosi al progetto, che “l’impianto ha un consumo enorme di acqua, tra i 30 e i 60 mila metri cubi all’anno, che verrano presi dall’acquedotto pubblico. Il trattamento dei fumi prevede un multi ciclone e un filtro a maniche per trattenere le polveri più grosse delle emissioni, sopra i PM10.

Manca però un catalizzatore che trattenga gli ossidi di azoto dannosi alla salute. Nel progetto inoltre non é nota la provenienza del combustibile. Gli obiettivi dichiarati da progetto erano molto interessanti, ovvero si prevedeva la valorizzazione del territorio boschivo e la promozione dell’occupazione locale. L’impianto funziona dalle 7 mila alle 8 mila ore all’anno con 15 mila tonnellate all’anno di cippato trasportato su strade e autostrade”. Ha poi continuato affrontando la parte di progetto che prevede lo studio sulla ricaduta degli inquinanti da parte della centrale. “Studio fatto ma senza dati storici sull’inquinamento di Marmentino e dintorni. Quindi é stata fatta una simulazione non sufficiente, nel bene e nel male, per definire le criticità”. Cerani ha poi coinvolto i presenti e gli amministratori dicendo che un progetto del genere “doveva interpellare la cittadinanza”. L’incontro si é concluso con il dibattito, chiedendo alla popolazione di attivarsi nel comitato. “Bisogna cominciare – hanno detto – a chiedere trasparenza alla società, chiedere la tracciabilità del cippato, pretendere l’installazione di una centralina permanente e pretendere di entrare con i propri tecnici all’interno dell’impianto”.

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