Ci sono vicende locali che assumono caratteri generali, mentre seguiamo con attenzione quello che sta succedendo a Taranto dove si tornerà in piazza il 15 dicembre, in un’altra parte d’Italia a Monselice, in provincia di Padova una vicenda con tratti diversi, propone con la stessa chiarezza il tema di come si costruisca in maniera forzata e provocatoria la contrapposizione tra lavoro e ambiente.
E’ di oggi la notizia, definita choc dai giornali locali, della decisione del gruppo Italcementi di chiudere la produzione nello stabilimento, ovvero il cementificio, di Monselice. La decisione annunciata dal Consiglio d’Amministrazione del gruppo industriale, viene spiegata con la crisi del comparto edilizio e l’accantonamento del progetto di ammodernamento degli impianti padovani (ovvero il Revamping). Il Piano in generale, il “Progetto 2015” prevede il ricorso alla CIGS per un numero massimo di 665 dipendenti su un totale di circa 2500 occupati complessivi.
Ma di cosa stiamo parlando?
A Monselice e nell’intera zona da tempo è in corso una battaglia portata avanti dai comitati locali per impedire l’attivazione dell’impianto di Rewamping, ovvero la trasformazione dei cementifici in inceneritori di rifiuti, ed in generale contro l’inquinamento prodotto dai cementifici. Siamo in una zona nella provincia di Padova che si trova all’interno del Parco dei Colli Euganei, che meriterebbero ben altro sviluppo che non camini inquinanti e a pochi chilometri dal bacino termale Euganeo che potrebbe svilupparsi verso il termalismo sociale piuttosto che essere ridotto dalle logiche di speculazione.
Per questo il Comitato Lasciateci Respirare e tutti gli altri comitati hanno da sempre impostato la loro lotta a difesa dell’ambiente inserendola in una più generale visione di sviluppo dell’intero territorio. Uno sviluppo libero dalle logiche di sfruittamento incarnate dalle lobby del cemento e dai loro complici.
Di fronte alle mobilitazioni che hanno posto in questi anni con chiarezza questi temi il sindacato ha preferito scagliarsi contro i comitati accusandoli di non aver a cuore le sorti dei lavoratori. Parte delle istituzioni locali hanno appoggiato i cementieri mentre altri sindaci si sono schierati dalla parte dei cittadini e della richiesta di un diverso modello di sviluppo territoriale.
La gravità della situazione ambientale è stata ribadita proprio pochi giorni fa quando il Comitato Lasciateci Respirare ha reso noto che, per determinati inquinanti, il fumo che esce dai cementifici è equiparabile a quello di dieci inceneritori. A settembre in una partecipata manifestazione di centinaia di cittadini, gli attivisti dei comitati avevano spiegato ancora una volta che siccome il mercato del cemento è in crisi, il business possibile per gli industriali era spostarsi sullo smaltimento dei rifiuti (ovvero il progetto Revamping) e avevano ribadito come difendere la salute e le giuste aspettative di chi vive e lavora in questa parte del veneto sia la ricerca di soluzion che consentano l’equilibrato sviluppo del territorio, tutelando il lavoro ma anche la salute e il futuro.
Le mobilitazioni continue di questi anni avevano avuto anche un risvolto legale , tanto è vero che proprio in questi giorni “si aspetta un pronunciamento dei giudici romani sul ricorso presentato da Italcementi contro la sentenza del Tar del Veneto con cui il 9 maggio scorso è stato accolto il ricorso dei Comuni di Este e Baone dichiarando “illegittima” l’autorizzazione paesaggistica rilasciata il 13 dicembre 2010 dall’Ente Parco Regionale dei Colli Euganei, e la delibera della Giunta Provinciale di Padova del 29 dicembre 2010, con cui si dichiarava compatibile il progetto di revamping con il Parco.” – racconta il Corriere della Sera nelle pagine venete.
Ecco dunque che l’annuncio della decisione del ridimensionamento degli organici al cementificio Italcementi di Monselice, fatta oggi, assume un vero carattere provocatorio nel tentativo forzato di contrapporre ancora una volta lavoro ed ambiente.
Non a caso è già iniziato un tentativo di responsabilizzare i comitati della riduzione degli impiegati nel cementificio, uno tra i primi a puntare su questa tesi è stato il sindaco di Monselice Francesco Lunghi come si evince dalle dichiarazioni riportate dal Corriere della Sera ” .. il progetto del Revamping, su cui Italcementi era pronta ad investire 160 milioni di euro, nella nostra città è stato ostacolato fino allo stop … Purtroppo la terribile tenaglia composta da ambientalisti da un lato e magistratura dall’altro ha portato a questo risultato, che mette in ginocchio la nostra città. Un intervento che era stato programmato dall’azienda a Monselice e che avrebbe comportato, oltre al mantenimento ed allo sviluppo dei posti di lavoro unito ad un considerevole abbattimento delle emissioni, è stato spostato a 200 km da qui, lasciando alla nostra città un’emergenza occupazionale le cui conseguenze sono difficili adesso da immaginare e sicuramente saranno difficilissime da gestire».
Come a Taranto anche a Monselice si usa la crisi per creare contrapposizione e mantenere una logica di profitti e speculazione, quando proprio in questa epoca solo la riconversione, il cambiamento delle prospettive produttive, il chiedersi per chi, per cosa, come si produce può rappresentare l’alternativa alla crisi.
Pubblichiamo di seguito le prime dichiarazioni di Francesco Miazzi, esponente del Comitato Lasciateci Respirare e continueremo a seguire questa vicenda, come quella di Tranto per dare voce a quei cittadini e lavoratori liberi e pensanti che seppure in territori diversi, lottano e si mobilitano in una chiave globale per affermare la possibilità e necessità di un altro modo di pensare la relazione tra produzione e territorio, tra salute ed ambiente.
Intervista realizzata con Francesco Miazzi :
“In questi giorni, anche grazie ad un Sindaco che finge di non vedere, ad organismi di controllo latitanti che addirittura hanno stabilito la chiusura della centralina di monitoraggio, si registrano emissioni pari, se non addirittura superiori per alcuni inquinanti, a quelle di 10 inceneritori.
Per chi ha a cuore la salute dei lavoratori e degli abitanti, la notizia che si va verso lo spegnimento di questi camini, è accolta con giusta preoccupazione per il futuro occupazionale, ma nel contempo risponde alla domanda di non accettare il ricatto salute/occupazione.
Ora, come abbiamo sempre auspicato, si tratterebbe di non lasciare nelle mani della sola multinazionale o dei cementieri le decisioni sul futuro, che dal loro punto di vista sono semplicemente dettate dalla logica del profitto.
Nei prossimi giorni, grazie all’appoggio di una decina di Consigli Comunali del Veneto, presenteremo in Regione una proposta di legge sulla “Riconversione ecologica” delle produzioni nocive, al fine di incentivare la nascita di attività a basso impatto e in sintonia con la vocazione dei territori, capace di farsi carico delle garanzie di reddito e di ricollocazione dei lavoratori attualmente impiegati.
Noi, pur non governando questo paese ci siamo sforzati e cerchiamo di farci carico dei problemi. Altri, tra cui il nostro Sindaco, preferiscono subordinarsi alle scelte dei cementieri e giustificare il loro immobilismo, scagliandosi contro magistrati e comitati che si sono opposti al tentativo di forzare le regole e le leggi vigenti.
Ora si deve guardare avanti e si deve voltare pagina dalle megalomanie infruttuose e pericolose. Si tratta di cercare tutti insieme di costruire quella pianificazione e quella progettualità che potrà rilanciare il nostro territorio e ricreare opportunità occupazionali, pulite e rispettose della salute di tutti.”