Non c’è solo la fumata nera dello scorso 8 agosto nel fascicolo aperto dalla Procura di Brescia, ma è l’intera attività del termoutilizzatore sotto inchiesta.
L’indagine scaturisce dal black-out che diede luogo alla lunga fumata scura visibile in città per un’ora, e che causò un innalzamento delle emissioni, ma prende poi in esame anche le procedure operative quotidiane dell’inceneritore sulla base della relazione Arpa presentata nei giorni scorsi agli organi competenti (Regione, Provincia, Comune, Prefettura e A2A).
Per i pm si configura una “mancata ottemperanza rispetto a quanto indicato nell’atto autorizzativo Aia” (Autorizzazione integrata ambientale).
In particolare l’Agenzia regionale per l’ambiente avrebbe rilevato alcune mancanze da parte dell’azienda nella rilevazione dei microinquinanti sulla seconda linea del termo utilizzatore.
“A seguito dell’incidente” si legge nella relazione, “su tutte le linee si sono verificati dei superamenti dei limiti di emissione in atmosfera per i parametri di valutazione dell’efficacia della combustione”. Arpa avrebbe dunque rilevato che “il blocco dell’alimentazione dei rifiuti non è stata documentata dal sistema di misura in continuo alle emissioni, per la linea 1, in quanto il segnale di chiusura non si è attivato” (violazione dell’art. 8 del D.Lgs 133/2005).
Mancherebbe poi la documentazione che attesta la messa a regime degli impianti, mentre sulla linea 2 dell’inceneritore il monitoraggio degli inquinanti è stato effettuato solo per la prima mezz’ora dall’incidente dell’8 agosto.
Secondo quanto riscontrato dall’Arpa, la linea 2 “evidenzia un valore di diossine che è superiore di tre ordini di grandezza rispetto all’andamento registrato nelle altre due linee e rispetto all’andamento storico”. Anche il giorno successivo alla fumata nera il monossido di carbonio è risultato essere sopra i limiti consentiti dalla legge. Di qui il riscontro sull’inottemperanza dell’Aia.
da quibrescia.it
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