Dati certi, sui quali si possono finalmente fare ragionamenti seri: sono quelli presentati dall’Osservatorio “Acqua Bene Comune”, che contestualmente ha pubblicato un report sull’elaborazione statistica delle concentrazioni di cromo esavalentenella rete dell’acquedotto di Brescia.
La situazione non è allarmante, ma il quadro generale non è per nulla rassicurante. E’ lo stesso assessore all’Ambiente del Comune, Gianluigi Fondra, ad usare la parola “preoccupante” riferendosi ai dati diffusi dall’Osservatorio sulla base delle rilevazioni di A2A ed Asl. 26 i punti di controllo dove sono state effettuate mensilmente le analisi per A2A, per un totale di 672 campionamenti. 27 invece i pozzi monitorati dall’As, per un totale di 331 campionamenti. I risultati riscontrati sono simili, ed evidenziano le concentrazioni maggiori di cromo esavalente (quello pericoloso per la salute) nella circoscrizione Nord con le rilevazioni effettuate nel pozzo di via Veneto che presentano il valore medio più alto dell’intera città, 16 µg/l. Di poco inferiori le analisi del pozzo di via Milano con 14 µg/l, e di quello di piazza Loggia con valori medi tra i 10 e gli 11,5 microgrammi per litro a seconda delle rilevazioni effettuate da A2A e da Asl. Nelle circoscrizioni Est, Ovest e Sud i valori medi registrati sono inferiori. Importante ricordare che il limite di 50 microgrammi per litro di cromo espresso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, rispettato dalle rilevazioni cittadine, tiene conto del cromo totale e non solo di quello esavalente, quello maggiormente pericoloso per la salute umana, soprattutto per i bambini e le donne in gravidanza.
Erano finiti a processo per disastro ambientale colposo, con l’accusa di inquinamento da cromo esavalente nella zona sud della città, fino a Folzano e Fornaci. Sconto in appello per Ottaviano e Alberto Inselvini, titolari dell’ azienda galvanica (la Baratti eredi Inselvini) di via Padova (proprio dietro la sede staccata della Regione), condannati a un anno e due mesi dal gup il 20 ottobre del 2011.
I giudici di secondo grado hanno ridotto la pena a dieci mesi (dichiarato il non luogo a procedere per alcuni reati prescritti) e riconosciuto l’inquinamento in falda: «in cooperazione colposa tra di loro corrompevano l’acqua a uso potabile». Tra le parti civili anche il ministero dell’Ambiente, il Comune di Brescia, A2A, il Civile e due residenti (difesi rispettivamente dagli avvocati Marino Colosio e Adriana Vignoni). La stessa azienda aveva collaborato con le istituzioni sul piano di caratterizzazione per arginare la zona inquinata.
LA BARATTI VINCE UN RICORSO AL TAR CONTRO LA PROVINCIA
Nei giorni scorsi la Baratti si è vista annullare dal Tar di Brescia l’ordinanza della Provincia (n°434 del 23 febbraio 2010) che imponeva alla ditta galvanica la bonifica da cromo di una grande area di diversi ettari, compreso il sottosuolo della ex Pietra (a fianco di via Orzinuovi). Per i giudici amministrativi non è possibile dimostrare che la colpa dell’inquinamento sia solo della Baratti, visto che il cromo VI era utilizzato anche da altre galvaniche ed è sceso anche attraverso il Mella dalla Valtrompia.
PROSEGUE LA BONIFICA CON SIERO DI LATTE
La Baratti Inselvini sta comunque procedendo, d’accordo con comune e ministero, alla bonifica con reagenti biologici (siero di latte) della terra e della falda inquinata sotto il perimetro dell’azienda, dove nel 2008 l’Arpa aveva trovato valori di cromo Vi fino a 40mila volte oltre i limiti. Oggi quei valori sono scesi di oltre un’unità di grandezza (mille volte): l’obiettivo è arrivare ai limiti di legge(5 microgrammi/litro).