NO TAV: SI CHIAMA RESISTENZA

Il nostro dovere è di garantire le manifestazioni pacifiche ma garantire anche la costruzione dell’opera decisa, democraticamente, dallo stato italiano. Lo faremo con la massima fermezza e con la professionalità che le forze dell’ordine, anche la notte scorsa hanno saputo mettere in campo” . Da questo stralcio della dichiarazione del Ministro dell’interno Cancellieri si può ben comprendere quale sia l’idea della lotta in Val di Susa: protestate calmi e tranquilli che noi ve lo garantiamo, tanto dobbiamo fare il cantiere e (forse) il Tav. Niente di più chiaro ci mancherebbe, ce l’hanno spiegato da tempo che se non diamo fastidio possiamo anche dire la nostra quando è lecito e con estrema educazione.

A questo si uniscono i vari commentatori del caso che si scandalizzano per il danneggiamento al cantiere e sprecano terminologie e vocaboli per definire una giornata di lotta come ieri sera. Si chiama Resistenza, vi aiutiamo noi, e viene praticata in gruppo, e decisa persino in pubblica assemblea. Si chiama lotta in difesa del territorio e passa necessariamente con il contrasto attivo di quello che è un cantiere completamente militarizzato.

Si chiama lotta popolare perché è un popolo intero che si oppone al Tav e secondo le proprie possibilità, ciascuno si adopera per contrastare quello che ormai si configura come lo scippo ai contribuenti più grande della storia. Crediamo si a importante chiamare le cose con il proprio nome e pertanto questo esercizio è diretto a chi ama i distinguo quando guarda alla Valle e ne fa trattati di sociologia da quattro soldi o mandati di cattura come quelli a cui abbiamo assistito.

 Fa sorridere leggere le cronache dei tifosi che speculano su quanti metri di rete sono stati tagliati, o leggere Bersani che ci parla di Democrazia. Fa sorridere e un po’ ci fa piangere, ma non di tristezza o di rabbia, solo per colpa delle centinaia di lacrimogeni che ci sparano addosso ogni volta, democraticamente s’intende.

Per questo rivendichiamo il diritto alla Resistenza e l’uso delle maschere antigas per proteggersi dal cianuro contenuto nei lacrimogeni che piovono a frotte, così come per lo stesso motivo ci proteggiamo testa e corpo per non divenire un facile bersaglio di chi gioca al tiro al piccione da dentro il cantiere. Ieri sera abbiamo aperto più varchi nel cantiere e abbiamo dimostrato che non è così inviolabile come si pensa e abbiamo fatto quello che diciamo da sempre. La lotta popolare è lunga ed è fatta di momenti diversi fra loro, che concorrono ad un unico obbiettivo, quello di fermare il Tav e visto che ci crediamo intensamente, ci adoperiamo per riuscirci.

Nicoletta Dosio Comitato popolare No Tav di Bussoleno

Gianluca della redazione di Infoaut.org

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