No Tav, vigilia di polemiche per la manifestazione in Val di Susa

Alla vigilia della manifestazione dei No Tav in Val di Susa, il clima che si sta creando è quello dei giorni più bui e pesanti. Se alla marcia che partirà sabato mattina da Bussoleno per arrivare fino a Susa, sono arrivate le adesione dei gruppi più diversi (dai cattolici agli anarchici), sul fronte istituzionale, le acque sembrano tutt’altro che tranquille. La serie di eventi delle ultime ore, infatti, sta contribuendo ad avvelenare il clima di quella che si presenta come una manifestazione “pacifica”, “propositiva” e “colorata” come l’hanno definita gli organizzatori.

Il capo della polizia, Antonio Manganelli, in un’audizione davanti alla Commissione affari costituzionali della Camera, ha attaccato frontalmente i gruppi anarchici, sostenendo, senza troppi tentennamenti che “sono pronti a uccidere”. “Un salto di qualità – ha detto ancora Manganelli – che se fino ad oggi non è accaduto, è solo perché abbiamo avuto la fortuna che non accadesse. Quando si mette un ordigno in un giardino, e dopo qualche minuto se ne fa esplodere un altro nella stessa area, significa che si vuole colpire chi interviene. E in questo modo è stato ucciso l’assistente del ministro dell’Interno greco, colpito dallo scoppio di un plico esplosivo”. I legami tra questi fatti e i No Tav, secondo il capo della polizia, sarebbero da ricercare nel centro sociale Askatasuna di Torino, che “è stato il catalizzatore della protesta più violenta con il contributo di gruppi insurrezionalisti”.

Tutto questo mentre il pm torinese Gian Carlo Caselli stava subendo a Tursi, in Basilicata, la protesta di un centinaio di attivisti No Tav mentre stava cercando di presentare il suo libro. Dietro lo striscione “Caselli: Tav? Baciamo le mani. Liberi subito tutti”, i manifestanti stavano marciando tra le vie del centro, sotto lo stretto controllo delle forze dell’ordine in tenuta antisommossa. “Se il capo della Polizia – ha dichiarato poi il magistrato in televisione – lancia l’allarme sulla tensione in Val Susa, evidentemente lo dice perchè nascono da una serie di elementi raccolti dai suoi uomini e dai suoi collaboratori e se dice queste cose è perchè ci ha pensato, ci ha riflettuto e ritiene che debbano essere dette. Allora guai a trascurarle. Manganelli è una persona eccezionalmente preparata”.

Qualche ora dopo la sparata di Manganelli in Commissione e le esternazione di Caselli, il giudice dell’udienza preliminare Anna Maria Fattori, ha emesso due condanne pesantissime in relazione ai fatti del 15 ottobre a Roma, quando durante la manifestazione dei cosiddetti ‘Indignati’ si sono verificati danneggiamenti e scontri con le forze dell’ordine. Due giovani incensurati, Giuseppe Ciurleo, 21 anni, e Lorenzo Giuliani, 20 anni, hanno visto infliggersi, rispettivamente, 5 e 4 anni per l’accusa di resistenza aggravata a pubblico ufficiale. Il Gup, in sostanza, ha ratificato le richieste dei pm, accogliendo in toto le tesi dell’accusa, secondo le quali Ciurleo e Giuliani avrebbero lanciato “pietre ed altri oggetti contundenti ed esplodenti”contro polizia e carabinieri, utilizzando come “strumenti atti ad offendere” dei “manici di piccone”. I due giovani erano stati fermati subito dopo “aver attivamente partecipato ad una manovra aggressiva nei confronti delle forze dell’ordine”, come si legge nell’informativa della polizia giudiziaria.

La pesante condanna è arrivata malgrado l’avvocato dei due ragazzi, Maria Luisa D’Addabbo, avesse chiesto e ottenuto il rito abbreviato, che consente di beneficiare dello sconto di pena pari a un terzo della condanna. Ad ogni modo, per gli incidenti di metà ottobre, la decima sezione del tribunale di Roma aveva già condannato a 3 anni e 4 mesi Giovanni Caputi e a 2 anni il romeno Robert Scarlat.

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