Osservazioni alla proposta di “localizzazione impianti produttivi per la lavorazione inerti e produzione mps” in variante al P.R.G. vigente presentato dalla ditta Gaburri s.p.a.

Si premette che sul sito del comune di Brescia è stato pubblicato l’avviso (allegato 1) che dichiarava il deposito degli atti inerenti  l’oggetto in pubblica visione, dalla data del 8 settembre 2011, al fine di consentire la presentazione di osservazioni. Poichè la documentazione non era disponibile on line il Comitato spontaneo contro le nocività, quale soggetto portatore di interessi diffusi,  ha avanzato all’ufficio SUAP  richiesta di  visione degli atti della conferenza di servizi  suddetta;  è stato  quindi fornito dal responsabile Franco Claretti alla rappresentante del Comitato Lidia Bontempi  il seguente percorso di accesso con garanzia di visione completa di tutta la documentazione:ftp://ftp.comune.brescia.it  – nome utente: suapbs1 –  password: combs457 – gaburri – appoggio. Su tale documentazione  esprimiamo quindi le osservazioni sottoelencate, che riteniamo assolutamente ostative rispetto all’autorizzazione SUAP in corso.

Impatto del progetto sulla qualità dell’aria

  1. L’impianto è estremamente prossimo ad area di grande concentrazione di ossidi di azoto (NOX), di cui è grande produttore il cementificio di Mazzano.                                                                                                                                                                       E’ area inserita nella cosiddetta “zona critica” individuata dalla R.L. che comprende 13 comuni della provincia di Brescia, per lo più localizzati intorno al capoluogo, e che evidenzia anche notevoli concentrazioni di ozono (03) e di PM10. Anche le eventuali presenze di ossido di carbonio (CO) sarebbero rilevanti, ma non sono state oggetto di adeguata valutazione.                                                                                                                                                                                                                           La stessa vicinanza con l’autostrada A4 e la tangenziale sud di Brescia, in direzione di Lonato-Lago di Garda, rende ancora più evidente la situazione critica di concentrazione di inquinanti nell’aria, sia provenienti da impianti industriali che dal traffico automobilistico, assai intenso in zona.Tali aspetti hanno assunto notevole rilevanza in occasione dell’indagine compiuta dall’ASL di Brescia, e resa nota nel giugno-luglio 2010, sullo stato di salute dei cittadini della zona sud-est e che attualmente è in corso di completamento e di approfondimento.In tale indagine venivano evidenziate le incidenze di malattie tumorali, di affezioni alle vie respiratorie che si traducono non soltanto in patologie tipiche derivate dall’inspirazione sistematica di sostanze sgradite all’organismo umano e inquinanti, ma anche dello svilupparsi di patologie tumorali che certamente incidono sulla durata della vita e sulla mortalità della popolazione.In tale situazione si ritiene pertanto che l’inserimento di un nuovo impianto industriale, che certamente ha caratteristiche potenziate rispetto a quello precedentemente in funzione, non possa che andare a sommarsi, con valori aggiuntivi e più alti, alla situazione già non particolarmente positiva di inquinamento della zona, compromettendo ancora di più sia la situazione ambientale (leggi, qualità dell’aria) sia la già precaria situazione di salute dei cittadini che si è evidenziato come sia a rischio. La presenza peraltro, anche nella zona di San Polo e Buffalora, di ulteriori insediamenti industriali, tra i quali sicuramente l’Alfa Acciai e la Ecorifiuti, contribuiscono ulteriormente alla precarizzazione della situazione dell’aria e quindi costituisce un indice assolutamente negativo rispetto all’aspetto ambientale qui considerato.L’impatto sulla qualità della aria dovuto al traffico indotto ed in particolare all’impianto di produzione conglomerato bituminoso è estremamente negativo, in quanto produrrebbe le stesse sostanze inquinanti di cui l’area già soffre per la presenza di impianti industriali importanti, in particolare PM10, COV, NOx, CO, metalli pesanti, IPA.Si ricorda che la delibera della Giunta Regionale 6501/2001 e successiva 5290/2007 stabilisce che l’area dove viene collocato l’impianto “ricade in zona critica dove non è opportuno introdurre nuove fonti inquinanti ma solo favorire attività di risanamento e mitigazione della qualità dell’aria”.Il confronto tra lo scenario attuale (impianto attuale la cui autorizzazione andrà a scadenza) e lo scenario futuro, se vediamo gli impatti globali nel tempo sul territorio non è congruente, alla luce di quanto riportato nel Piano Provinciale di Gestione dei Rifiuti della Provincia di Brescia,  documento INDIVIDUAZIONE DELLE AREE NON IDONEE ALLA LOCALIZZAZIONE DI IMPIANTI DI GESTIONE DI RIFIUTI, dove si indica quanto segue:

“Nelle aree in cui risulta esclusa la localizzazione di impianti di gestione dei rifiuti, l’esercizio delle operazioni di smaltimento e recupero rifiuti già autorizzate o comunicate è consentito per la durata dell’autorizzazione o della comunicazione di cui all’art. 216 del d.lgs. n. 152/06 e s.m.i.. L’eventuale rinnovo dell’autorizzazione o della comunicazione di cui sopra potrà essere valutato solo a fronte di interventi di adeguamento alle migliori tecnologie disponibili.”

I nuovi impianti, invece, non possono essere localizzati in tali aree.

All. 6 ELENCO COMUNI IN AREA CRITICA (PIANO REGIONALE PER LA QUALITA’ DELL’ARIA)Individuazione delle aree non idonee alla localizzazione di nuovi impianti

ISTAT COMUNE

21 Borgosatollo 23 Botticino 25 Bovezzo 29 Brescia(…)

Ricordiamo inoltre che l’impianto di produzione del comglomerato bituminoso in progetto dista solo 350 metri delle case del quartiere di Buffalora, quartiere che da tempo risente di un diffuso e insopportabile odore di catrame che provoca irritazione alla gola e persistente mal di testa, e che obbliga pertanto gli  abitanti a rimanere barricati in casa.In proposito alleghiamo un articolo del quotidiano Bresciaoggi del 29/9/2011, un articolo e una lettera al direttore del quotidiano Giornale di Brescia del 4/10/2011 (allegato 2).Alleghiamo inoltre gli esposti presentati al Sindaco del Comune di Brescia, al Presidente della Provincia di Brescia, all’ARPA di Brescia e all’ASL di Brescia dal Co.Di.S.A., in data 5 settembre 2010, sottoscritto da 152 abitanti, e in data 24 marzo 2011, sottoscritto da 530 abitanti (allegato 3 e allegato 4).Le uniche misure di mitigazione previste dal proponente il progetto dell’impianto di produzione di bitume sono la bagnatura dei cumuli di materiale e un filtro a maniche al camino.Tali misure possono avere una qualche efficacia solo per la riduzione dell’immissione di polveri in atmosfera,  ma sono assolutamente inutili e ininfluenti per quanto riguarda la diffusione delle sostanze inquinanti già citate (PM10, COV, NOx, CO, metalli pesanti, IPA)  e la diffusione di odori sgradevoli e persistenti che provocano grave disagio agli abitanti.Non è inoltre previsto nessun impianto di abbattimento per il CO, criticità molto elevata.

Incremento del traffico:La qualità dell’aria sarebbe ulteriormente resa negativa dalla nuova attività in corso di autorizzazione, essendo previsti 3 accessi al complesso costituito dalle attività escavatorie, dalle attività di ritombamento della cava Pasotti con rifiuti, e dalle attività produttive di conglomerati bituminosi. Si darebbe infatti luogo ad un incremento di traffico che ulteriormente inciderebbe sulla qualità dell’aria, per l’eccessivo passaggio di autoveicoli, stimabile in varie centinaia di veicoli al giorno.

Vulnerabilità della faldaPer quanto riguarda la falda l’area nella quale dovrebbe essere realizzato l’impianto Gaburri presenta le seguenti caratteristiche:l’area è considerata nella zona di ricarica della falda, l’area si trova in zona di vulnerabilità medio alta del sottosuolo, e  l’esame della Tavola Ambiente e Rischi: Atlante dei rischi idraulici e idrogeologici  del PTCP ha messo in evidenza che la zona è interessata da vulnerabilità della falda alta e moto altaIl d.lgs. 152/06, art. 4, stabilisce che le aree di ricarica delle falda sono da considerarsi “zone di protezione” e che per tali zone sono da attuarsi le seguenti prescrizioni:comma 7: devono essere delimitate secondo le indicazioni delle regioni o delle province autonome per assicurare la protezione del patrimonio idrico. In esse si possono adottare misure relative alla destinazione del territorio interessato, limitazioni e prescrizioni per gli insediamenti civili, produttivi , turistici, agro-forestali e zootecnici da inserirsi negli strumenti urbanistici comunali, provinciali, regionali, sia generali sia di settore comma 8: Ai fini della protezione delle acque sotterranee, anche di quelle non ancora utilizzate per l’uso umano, le regioni e le province autonome individuano e disciplinano, all’interno delle zone di protezione, le seguenti aree:           a) aree di ricarica della falda; b) emergenze naturali ed artificiali della falda; c) zone di riserva.

Nella “Relazione geologica” prodotta dalla ditta Gaburri viene inoltre specificato che:                                                                 “Per quanto attiene l’idrogeologia, l’unità geologica presente nella zona in studio, dal punto di vista idrogeologico costituisce un’unità costituita prevalentemente da sabbia e ghiaie, dotate di buona conducibilità idraulica” e che (….) gli orizzonti a bassa impermeabilità non sono estesi e potenti al punto da separare acquiferi diversi e, pertanto, detti livelli acquiferi possono essere ricondotti ad un’unica circolazione idrica sotterranea.”                                                         Queste caratteristiche di grande permeabilità del terreno e di un’unica circolazione idrica sotterranea presuppongono una particolare vulnerabilità della falda agli agenti inquinanti provenienti dal suolo e dai corpi idrici superficiali. Le attività previste dal progettato impianto Gaburri e le modalità di smaltimento delle acque contaminate da sostanze tossiche appaiono quindi particolarmente pericolose e pregiudizievoli della salvaguardia della falda stessa.               

Tutela risorse idriche                                                                                                                                                                                                                                    E’ già statoaccertato, sia in sede di studio di impatto ambientale, che di preliminare esame di  escludibilità della VAS, che nella zona in questione il livello della falda è molto prossimo al livello del fondo della discarica se non addirittura, in alcuni tratti, affiorante.

L’alta quota dell’escursione della falda idrica, e le conseguenze delle abbondanti precipitazioni che si sono verificate negli ultimi anni, non depone certamente a favore di una situazione di tutela della falda idrica in un territorio che è, per sua natura, assai vulnerabile, essendo costituito nei suoi strati bassi da sabbia e ghiaia, e cioè da materiali che sonoassolutamente atti al possibile percolamento nel sottosuolo di qualsiasi tipo di sostanza, tra cui naturalmente in primo luogo quelle di consistenza liquida. Va rilevato come nella zona vi siano alcuni corsi d’acqua tra cui la roggia  Rudoncello  e la roggia Vescovada, che certamente forniscono anch’essi delle evidenti controindicazioni a livello di pericolo di esondazione, per cui non sarebbe neppure garantita la protezione delle stesse acque superficiali.

Il fatto che possano essere depositate, nell’ambito territoriale dell’ATE 25, nel corso della lavorazione prevista, alcune  sostanze che hanno un certo qual potenziale di rischio (gli sfridi di asfaltature sono rifiuti speciali con tanto di codice CER), potrebbero certamente non solo compromettere il corso delle acque di superficie, ma causare anche eventuale percolazione di acque meteoriche o altri eventuali liquidi, anche provenienti dai materiali stessi, in situazione di estrema vulnerabilità della falda la quale, si ripete, scorre molto superficialmente, potrebbe creare situazioni di pericolo anche per le acque sotterranee.

Acque meteoriche piazzali e rifiuti speciali                                                                                                                                                          Per quanto riguarda la gestione e il sistema di raccolta della acque meteoriche delle aree di messa in riserva dei rifiuti speciali, nello specifico rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, manutenzione reti tecnologiche (C.E.R. 10 13 11, 17 01 01, 17 01 02, 17 01 03, 17 01 07, 17 08 02, 17 09 04) e rifiuti derivanti dalle attività di scarifica del manto stradale (C.E.R. 17 03 02), nel documento “Progetto definitivo relazione tecnica”relativo ai rifiuti si descrive il sistema di raccolta e di riutilizzo delle acque stesse.                                                                                                                                          Le acque di prima e seconda saranno raccolte in apposite vasche e riutilizzate per irrigare, tramite una pompa sommersa, i cumuli di rifiuti speciali, per evitare la formazione di polveri e per favorirne l’evaporazione.                           Nella descrizione del processo viene anche assicurato che “i sedimenti verranno periodicamente asportati da una Ditta specilizzata e smaltiti come previsto dalla legge”; si specifica inoltre che, in caso eccessivo riempimento della vasca “si provvederà ad effettuare in continuo il ricircolo del refluo in testa ai cumuli di rifiuti e, se non fosse ancora sufficiente, si effettuerà lo svuotamento della vasca avvalendosi di Ditte autorizzate, in modo da assicurare che non si verifichi mai la condizione di troppo pieno e latracimazione”.                                                                                                                                                    Tali precauzioni sono ovviamente giustificate dalla contaminazione subita dall’acqua piovana che cola attraverso i cumuli di rifiuti, che non deve pertanto essere dispersa direttamente nel suolo, come stabilisce la normativa sopra citata. Non viene precisato come in caso di emergenza possa intervenire una ditta specializzata in tempo utile per evitare la tracimazione e danni all’ambiente.                                                                                                                                                                          Le stesse acque verranno inoltre utilizzate anche per l’impianto di irrigazione di altre zone, come risulta dalla “Relazione tecnica – Istanza di autorizzazione alla ricerca e di concessione di acque ad uso industriale e ad uso igienico ed assimilati in localitàCastella”:

2.4 Impianto di irrigazione(antipolvere)                                                                                                                                               pag. 9In corrispondenza degli accessi agli impianti di progetto e a ridosso dell’area adibita alla messa in riserva dei rifiuti non pericolosi è prevista la messa in opera di un impianto di irrigazione avente la funzione di abbattere le polveri. L’approvvigionamento avverrà dalla vasca di raccolta delle acque meteoriche poste a servizio dei due basamenti pavimentati afferenti agli impianti di recupero rifiuti non pericolosi.                                                                                                                                                                                                                       Quindi le acque provenienti dal piazzale di stoccaggio dei rifiuti speciali verranno utilizzate per irrigare zone non asfaltate (piazzale in ghiaia, vedi tavola 18B sezioni ambientali) con relativa contaminazione del suolo e grave compromissione della falda sottostante, ed in palese violazione della normativa citata.                                                                      Si cita  inoltre il parere dell’ARPA, coinvolta nella procedura di VAS dell’impianto Gaburri, sul tema matrice acque:        “Nel progetto di SUAP definitivo ed esecutivo è indispensabile vengano fornite tutte le descrizioni e specifiche dettagliate che possano consentire la valutazione approfondita del sistema degli scarichi anche attraverso la presentazione di una planimetria esatta dalla quale siano rilevabili tutti ali scarichi. distinti per colore ecc. il loro recapito finale con riferimento alle autorizzazioni ottenute per ogni scarico, le vasche di raccolta delle acque meteoriche di prima pioggia, il loro dimensionamento , il tipo di trattamento che si intende effettuare e la collocazione dei pozzetti di campionamento.                                                                                                                                                                                                                   In particolare dovrà essere indicato il citato corpo idrico recettore e la sua capacità recettiva.”                                                 Tali prescrizioni risultano disattese.                                                                                                                                                                      

Pozzi perdenti

Nella tavola 17 schema fognario blocco M2”e nella tavola “Gestione acque area impianto asfalti” viene illustrato lo schema di smaltimento delle acque di raccolta dei piazzali di produzione del conglomerato bituminoso: da tale schema si deduce che le acque di prima pioggia verranno convogliate nel corpo idrico superficiale e le acque di seconda pioggia verranno convogliate nel suolo tramite i pozzi perdenti destinati anche allo smaltimento delle acque meteoriche della copertura del capannone e della copertura degli uffici. Nel documento “Relazione dell’intervento – Trasferimento e predisposizione impianti per attività di riciclaggio rifiuti”, prodotto nell’ambito della prcedura di VAS, alle pagine 11 e 12, sono descritti i suddetti pozzi perdenti:

Dimensionamento pozzi perdenti acque meteoriche

Per le acque meteoriche derivanti dalla raccolta delle falde di copertura si adotta il sistema di dispersione nel sottosuolo con pozzi perdenti (vedi tipologia).                                                                                                                                                     1. Costruzione:                                                                                                                                                                                                                       a) di forma cilindrica, con diametro interno di almeno 1 metro; in calcestruzzo; privi di platea; nella parte inferiore che attraversa il terreno permeabile, si praticano feritoie nelle pareti;                                                                                                           b) strato di pietrame e pietrisco al fondo, al posto della platea; spessore 40-50 cm;                                                                         c) strato di pietrisco ad anello esternamente, intorno alla parte di parete con feritoie; dimensioni medie del pietrisco 4-8 cm; spessore orizzontale 40-50 cm; in prossimità delle feritoie ed alla base dello strato di pietrisco, pietrame di dimensioni medie 8-12 cm; disposto con cura;                                                                                                                                                     d) copertura del pozzo con voltina o con piastra in calcestruzzo, semplice od armato, a profondità non inferiore a 60-70 cm; sulla copertura pozzetto di accesso con chiusino;

2. Ubicazione:                                                                                                                                                                                                                      b) fondo del pozzo non inferiore a 2 m, rispetto al livello superiore della falda; in nessun caso la falda può essere utilizzata per usi potabili o domestici, o per irrigazione di prodotti da mangiare crudi, a meno di accertamenti microbiologici e chimici caso per caso da parte dell’ autorità sanitaria;                                                                                                  c) evitare pozzi perdenti in presenza di roccia fratturata o fessurata; o in zone carsiche;                                                                   d) distanza di almeno 50 m da qualunque condotta, serbatoio o altra opera destinata al servizio potabile.                            3. Proporzionamento:                                                                                                                                                                                                      a) sviluppo della parete perimetrale in funzione della natura del terreno, come da tabella di calcolo.”                                       Il punto 2 b) specifica che tra il fondo del pozzo e il livello superire della falda deve essere rispettata una distanza non inferiore a due metri.                                                                                                                                                                                                            I pozzi perdenti avranno una profondità di 10 metri (vedi disegno a pag. 11) e saranno scavati a partire dalla quota – 10 m rispetto al piano campagna (quota delle strutture e degli impianti). La falda acquifera ha una risalienza massima di 4/5 metri dalla quota di posizionamento dell’impianto, come indicato nei documenti sottoelencati:

RAPPORTO AMBIENTALE (2)                                                                                                                                                                   Analisi delle emergenze e dei vincoli esistenti                                                                                                                                        Pag. 32: la soggiacenza della falda è attualmente intorno ai 15 m dal p.c. (dato di massima escursione della falda in valori assoluti pari a 118,00 m s.l.m.); pertanto, considerando la quota di fondo dell’area al termine dell’escavazione (123,10 m s.l.m.), la falda dovrebbe trovarsi a circa 5,00 m dal piano di fondo scavo (nel momento di massima risalienza dell’acquifero).

STUDIO GEOLOGICO – RELAZIONE (33)                                                                                                                                                                   Pag. 15: Nell’area d’interesse, la superficie freatica risulterebbe pertanto posta alla profondità minima di – 14,00 m dall’attuale piano campagna. Pag. 17: Le soggiacenze segnalate ad una profondità superiore rispetto a quella di progetto (mediamente 4,0 m in condizioni di massima risalienza) non impone l’adozione di particolari fondazioni, stante anche le caratteristiche delle opere da realizzare (impianti di lavorazione e valorizzazione inerti, capannoni) che non richiedono eccessive profondità di posa.                                                                                                                                         Risulta quindi evidente che non solo non è rispettata la distanza di 2 m tra il fondo del pozzo e il livello superiore della falda, ma che il pozzo stesso si introduce per una profondità di 5/6 m nella falda stessa e vi disperde direttamente le acque raccolte.                                                                                                                                                                                                                     Si sottolinea inoltre che tramite i suddetti pozzi verranno immesse direttamente in falda, con grave compromissione della stessa, non solo le acque meteoriche della copertura di capannone e uffici ma anche le acque di seconda pioggia dei piazzali di produzione del conglomerato bituminoso.                                                                                                                                    Tale procedimento è descritto nel documento “Relazione dell’intervento – Trasferimento e predisposizione impianti per attività di riciclaggio rifiuti” a pagina 5:

“Le acque meteoriche derivanti dai pluviali verranno smaltite direttamente da tre pozzi perdent  posti sotto il piazzale antistante il capannone; negli stessi convoglierà anche l’acqua dei piazzali precedentemente raccolta e vagliata da un impianto di prima e seconda pioggia (Tav. 17)” e a pagina 12 “A regime poi, quando l’impianto di trattamento comincerà a filtrare anche l’acqua di seconda pioggia dei piazzali, i pozzi così dimensionati avranno la capacità di sopperire ad un evento medio di 50 lt/s*ha corrispondente alla piovosità media della zona”.

Dall’esame della documentazione prodotta nell’ambito della procedura SUAP tale problema non risulta nè affrontato nè risolto.

Trasformazione bosco ex cava Pasotti:

Il progettato impianto Gaburri è adiacente all’ex cava Pasotti, identificata con la sigla R417/g/BS nel catasto cave della Regione Lombardia.                                                                                                                                                                                                            Il laghetto presente nella ex cava Pasotti, direttamente comunicante con la falda acquifera, è circondata da un bosco classificato dal Piano di Indirizzo Forestale della Provincia di Brescia “bosco ceduo con formazioni planiziali a buona naturalità”.                                                                                                                                                                                                                                Il progetto sottoposto a V.A.S. prevede il riempimento del lago e l’eliminazione del bosco che lo circonda.                             La legge regionale 27 (e non 24, come indicato erroneamente nel “Rapporto Ambientale”) del 28 ottobre 2004 “Tutela e valorizzazione delle superfici, del paesaggio e dell’economia forestale” stabilisce norme precise per la salvaguardia del bosco e per la sua eventuale trasformazione.                                                                                                                                                         In particolare all’articolo 4, “Tutela e trasformazione del bosco” si stabilisce che eventuali autorizzazioni alla trasformazione del bosco prevedono interventi compensativi a carico dei richiedenti, finalizzati a realizzare rimboschimenti ed imboschimenti con specie autoctone, su superfici non boscate di estensione almeno doppia di quella trasformata, da sottoporre a regolare manutenzione fino all’affermazione.

Ai sensi dell’art. 8 della stessa L.R. 27/2004 è stato approvato con Delibera di Consiglio Provinciale di Brescia n.26 del 20 aprile 2009 il Piano di Indirizzo Forestale.

Le Norme Tecniche di Attuazione del P.I.F stabiliscono quanto segue:

Art. 17 – Rapporti con il Piano Provinciale Cave

Ai sensi della d.G.R. 675/ 2005 “Approvazione dei criteri per la trasformazione del bosco e per i relativi interventi compensativi” (D.Lgs 227/2001, art. 4 e l.r. 31/2008 art. 43), le opere di mitigazione o di rinverdimento, connesse alla realizzazione a regola d’arte delle opere per le quali si è richiesta la trasformazione del bosco, non possono essere considerate interventi compensativi.                                                                                                                                                                            Ad esempio, non possono rientrare fra gli interventi compensativi:                                                                                                                                                                                                                         –         le opere di sistemazione delle acque o delle terre legate alla realizzazione di viabilità, di sistemazioni idrauliche e di opere edilizie di qualsiasi tipo;                                                                                                                                                                                          –         i rinverdimenti di scarpate, piste da sci, cave, discariche ecc.                                                                                                          Pertanto gli interventi di compensazione relativi alla trasformazione dei boschi ricadenti all’interno degli Ambiti Territoriali Estrattivi (ATE) previsti dal Piano Cave provinciale, non possono identificarsi con quelli di riassetto ambientale indicati all’art. 14 della l.r. n. 14/98. I soggetti interessati alla coltivazione di cava nella predisposizione dei progetti di gestione produttiva degli Ambiti Territoriali Estrattivi e di riassetto ambientale di cui rispettivamente agli art. 11 e 14 della citata legge regionale n. 14/98 devono tener conto degli indirizzi del presente PIF relativamente agli aspetti forestali coinvolti.

E’ quindi evidente che gli interventi previsti per mitigare gli impatti del progettato impianto Gaburri, quali “l’inerbimento delle scarpate”, “l’impianto di filari arborei a mascherare l’intervento” e “la piantumazione di filari di specie arboree e arbustive (siepe boscata) lungo l’intero perimetro dell’area impianti” non possono venire considerati interventi compensativi per la trasformazione del bosco della ex cava Pasotti.

Per quanto riguarda la superficie richiesta per l’intervento compensativo si evidenzia che il P.I.F. della provincia di Brescia stabilisce per il bosco della ex cava Pasotti un rapporto di compensazione, in caso di trasformazione, di 1:3 per la maggior parte , e per altra parte di 1:2 o di 1:1 (vedi tavola seguente, consultabile sul sito della Provincia di Brescia, geoportale   https://sit.provincia.brescia.it/interventi_compensativi                                                                                                                                                                                                                                                      In conclusione si evidenzia come il progettato ritombamento del laghetto Pasotti, oltre a comportare rischi di grave compromissione per la falda, preveda la distruzione di un’area boscata, in palese contrasto con le finalità di conservazione, incremento e gestione razionale del patrimonio forestale e con gli obiettivi di tutela e conservazione delle superfici forestali esistenti, di conservazione della biodiversità e di tutela del paesaggio sanciti dalla citata legge regionale 27/2004.

Non è inoltre prevista alcuna compensazione per la eventuale (ed al momento non autorizzata) trasformazione del bosco.

A tale proposito si allegano alla presenti osservazioni due richieste inviate dal Co.Di.S.A. alla Provincia di Brescia ed al Comune di Brescia con richieste di informazioni sulla eventuale richiesta di trasformazione del bosco per la ex cava Pasotti e segnalazioni di possibili abusi, inviate rispettivamente in data 18.1.2011 e 12.4.2011 (allegato 5 e allegato 6).

Per entrambe le richieste non è stata fornita alcuna risposta.

Infine si sottolinea che la tavola n. 4 “Previsioni di Piano”, allegata al Piano di Governo del territorio adottato dal Consiglio Comunale di Brescia con deliberazione n. 163/71826 PG del 29/9/2011 definisce la ex cava Pasotti  “area non trasformabile”.

Paesaggio:

Si sottolinea che la creazione di una collinetta artificiale al posto del laghetto e del bosco della ex cava Pasotti costituisce  un elemento di discontinuità con il paesaggio del territorio circostante. Anche la sporgenza di 10 metri dal piano campagna del camino dell’impianto di bitume genera un impatto paesaggistico particolarmente negativo.                 A quanto sopra esposto si aggiungerebbe l’effetto della soppressione di aree agricole, a favore di insediamenti industriali che porterebbe ulteriore deterioramento del paesaggio, atteso che anche il paesaggio agricolo, ai sensi del piano territoriale regionale, assume una sua valenza di pregio come “paesaggio agrario della bassa” e pertanto, anche sotto tale profilo si introdurrebbero ulteriori elementi di forte degrado.

Componente naturalistica:                                                                                                                                                                                               il progettato impianto avrà un effetto devastante dal punto di vista naturalistico e per la sopravvivenza dell’ecosistema presente. Si sottolinea che la zona ha una valenza naturalistica molto elevata, sia per la biodiversità sia per la presenza di specie protette.                                                                                                                                                                                                                     Al riguardo  si allegano le relazioni della d.ssa Silvia Mora sottoelencate:

–         PROGETTO DI GESTIONE PRODUTTIVA DELL’ATE g 25 DEL PIANO CAVE DELLA  ROVINCIA DI BRESCIA – OSSERVAZIONI NATURALISTICHE -OSSERVAZIONI allo Studio di Impatto Ambientale (Allegato 7)

–         INTEGRAZIONE ALLE OSSERVAZIONI NATURALISTICHE PRESENTATE IN DATA 24 MARZO 2011 AL PROGETTO DI GESTIONE PRODUTTIVA DELL’ATEg25 DEL PIANO CAVE DELLA PROVINCIA DI BRESCIA – INDAGINE ORNITOLOGICA (allegato 8)

–         INTEGRAZIONE ALLE OSSERVAZIONI NATURALISTICHE PRESENTATE IN DATA 24 MARZO 2011 AL PROGETTO DI GESTIONE PRODUTTIVA DELL’ATEg25 DEL PIANO CAVE DELLA PROVINCIA DI BRESCIA –  ELENCO DELLE SPECIE CENSITE DURANTE IL MESE DI  GIUGNO 2011 (Allegato 9)

Le relazioni sono state già allegate al  ricorso presentato in data 28 marzo 2011 da Co.Di.Sa., Legambiente e dal sig. Valerio Beccalossi per l’annullamento del decreto n. 391/2011 del Dirigente della struttura Valutazioni di Impatto Ambientale, Direzione Generale ambiente, energia e reti della Regione Lombardia a favore di Gaburri spa, PGS Asfalti spa, Rezzola scavi Srl, Azienda Ospedaliera Spedali Civili di Brescia e Nord Inerti Srl, Sono inoltre allegate alle osservazioni presentate da Codisa e Comitato spontaneo contro le nocività nell’ambito del procedimento di V.A.S. per lo sportello unico “localizzazione impianti produttivi per la lavorazione inerti e produzione MPS” prot. n. 29001 del 4.5.2010 in variante al P.R.G. vigente presentato dalla ditta Gaburri S.P.A.

Riportiamo di seguito uno stralcio della relazione integrativa delle d.ssa  Mora, allegata inegralmente  alle presenti osservazioni:

“L’ATEg25 presenta habitat molto differenti tra di loro all’interno di un’area geografica limitata, caratteristica difficilmente riscontrabile nella Provincia di Brescia. Zone umide, aree occupate da acqua bassa, scarpate ghiaiose e sabbiose, zone aride, coltivi, incolti, sottobosco con roveti, alberi ad alto fusto secchi, arbusti e aree boscate convivono insieme e offrono rifugio e alimentazione ad un discreto numero di specie di avifauna alcune delle quali dal valore naturalistico elevato.                                                                                                                                                                                               Riscontrare un’habitat così diversificato all’interno della pianura bresciana, oggi fortemente minacciata dall’agricoltura intensiva, dalle recenti urbanizzazioni e dalle reti stradali porta alla necessità di salvaguardarlo, anche nei confronti delle persone che vi abitano, e che lì possono trovare un luogo di svago e di riposo.                                                                           Il censimento effettuato durante il mese di giugno 2011 ha rilevato la presenza di trentanove specie di uccelli di cui trenta nidificanti, quindi strettamente legati agli habitat dell’ATEg25 e dai quali dipende fortemente la loro sopravvivenza.                                                                                                                                                                                                               Rispetto al sopralluogo precedente, si assiste a un aumento delle specie rilevate (da trentaquattro a trentanove) e di quelle protette dalla “Direttiva uccelli” 09/147 (da due a tre).                                                                                                                Inoltre, mentre a marzo le specie con priorità di conservazione pari o superiore a otto (quindi ad alto valore naturalistico) erano quattro, durante il sopralluogo di giugno ne sono state identificate nove di cui tre protette dalla “Direttiva Uccelli” 09/147. Trattandosi di specie a priorità di conservazione elevata e che godono di speciali misure di conservazione, rispetto al primo monitoraggio aumenta il valore dell’area che quindi deve essere sottoposta a tutela.        Le nove specie considerate prioritarie sono: cannaiola verdognola, cavaliere d’Italia, gruccione, codirosso comune, gufo comune (nidificanti); lodolaio (nidificante probabile); airone cenerino, garzetta e nibbio bruno (non nidificanti, utilizzano l’area a scopo trofico).”                                                                                                                                                                        Risulta evidente che la valenza naturalistica dell’area, contrariamente a quanto affermato nella documentazione prodotta dalla ditta proponente l’impianto, è particolarmente elevata, e va quindi tutelata e protetta.                                      A tale proposito si  allega specifica segnalazione di avifauna protetta nidificante all’interno dell’ATE 25 (comuni di Brescia e Rezzato) e contestuale richiesta di istituzione di area protetta e di tutela delle specie animali e del loro habitat, inviata dal Comitato Difesa Salute e Ambiente a Janez Potocnick Commissione Europea, al Corpo Forestale dello stato, alla Regione Lombardia, alla Provincia di Brescia, al Comune di Brescia, al Comune di Rezzato, al Comune di Castenedolo e, per conoscenza, ad associazioni ambientaliste e animaliste diverse (allegato 10); si allega inoltre il CD con la documentazione inerente tale segnalazione (allegato 11).

Per quanto riguarda la ex Cava Pasotti, si sottolinea che :

–         la presenza del bosco della ex cava Pasotti offre un habitat adatto per la riproduzione delle prede dell’Airone Cinerino (Ardea cinerea), classificato dalla “Direttiva Uccelli” 09/147 come specie con priorità di conservazione 10 (ad alto valore naturalistico)

–          la vegetazione posta ai margini dell’ex cava Pasotti presenta specie vegetali che il Piano di Indirizzo forestale della Provincia di Brescia classifica come “specie naturalisticamente rilevanti (quercia, acero, olmo e pioppo) e fornisce inoltre un habitat utilizzato per la nidificazione e/o l’alimentazione di numerose specie di uccelli, che di seguito elenchiamo: ballerina bianca, capinera, cardellino, cinciallegra, colombaccio, fringuello, lucherino, luì piccolo, merlo, passera mattugia, passera d’Italia, pettirosso, scricciolo, storno, torcicollo, upupa, usignolo di fiume, verdone, verzellino. E’ quindi evidente che tale formazione boscata offre un prezioso ed insostituibile contributo al mantenimento della biodiversità.

–         Il bosco presente nella ex cava Pasotti offre inoltre un habitat utilizzzato per la nidificazione e l’alimentazione di specie di avifauna potenzialmente presenti sul territorio ad alto valore naturalistico, con priorità di conservazione 8,  quali: l’averla  piccola (lanius colluruio), il codirosso (phoenicurus phoenicurus) e il gufo comune (asio otus); è inoltre segnalato come potenzialmente presente anche il barbagianni (tyto alba), priorità di conservazione 6.                              L’intervento previsto per l’area rinaturalizzata della cava ex Pasotti, per la quale il progetto sottoposto a SUAP  prevede la distruzione del bosco e il ritombamento del laghetto, che dovrebbe essere riempito di rifiuti eliminando anche lo specchio d’acqua ivi esistente, si qualifica come una eliminazione di elementi di pregio del paesaggio e naturali che sarebbero da rivalutare, anziché da eliminare.                                                                                                                                                Sotto tale profilo sembrano invece essere ignorati gli aspetti naturalistici connessi allo stato di fatto del sito, che danno luogo a forme di presenza di fauna selvatica, di diversità biologica, oltre ad aspetti paesaggistici, quale il già menzionato laghetto.                                                                                                                                                                                                                               Tale situazione comporterebbe anche l’eliminazione di un bosco esistente, già censito nel piano di indirizzo forestale (PIF) e che certamente le forme di piantumazione sostitutive previste non potrebbero compensare, essendo palesemente inidonee a rimpiazzare la presenza di tale emergenza naturalistica già esistente e del tutto evidente. Si andrebbero così a eliminare quegli elementi già presenti di qualificazione ambientale e paesaggistica della zona, a tutto discapito della qualità ambientale attuale del sito e pertanto anche con conseguenze, almeno indirette, sulla salute umana.                                                                                                                                                                                                                           Inoltre, rispetto alla rete ecologica provinciale, il progetto interessa un ambito territoriale classificato quale “Ambito urbano e perturbano della ricostruzione ecologica diffusa”, dove l’obiettivo individuato è quello della riqualificazione di aree territoriali fortemente problematiche attraverso la realizzazione di nuovi elementi ecosistemici di appoggio alla struttura portante della rete ecologica.                                                                                                                                                                     Si sottolinea infine che il parere motivato finale espresso nell’ambito della Valutazione Ambientale Strategica del progettato impianto Gaburri specifica, in riferimento alle compensazioni necessarie per gli aspetti paesistici e naturalistici, quanto segue:                                                                                                                                                                                              “Si richiede che vengano avviate le procedure per l’individuazione di opere/interventi che vadano a compensare le criticità paesaggistiche e naturalistiche che l’intervento di SUAP può ancora determinare, al netto degli interventi mitigativi già richiesti al punto precedente (stabiliti dal decreto di VIA ATE 25 n. 391 del 21.1.2011.

 Distanze di rispetto: reticolo idrico minore e strade:

Lungo la quasi totalità del perimetro dell’area scorrono canali irrigui ed in particolare la roggia Rudoncello (vedi estratto cartografia allegata a deliberazione del Consiglio Comunale di Brescia n. 65/6815 P.G. del 25/2/2008 con la quale viene approvato il Regolamento di Polizia Idraulica).                                                                                                                           Lo stesso Regolamento stabilisce le dimensioni delle fasce di rispetto idraulico che per la Roggia Rudoncello, che ricade nell’ambito di competenza del Consorzio di Bonifica del medio Chiese è di 10 metri.                                                                   L’articolo 8 del Regolamento di Polizia Idraulica stabilisce, tra l’altro, che:                                                                                                     “Nelle fasce di rispetto idraulico è vietato quanto segue:                                                                                                                                  –         la costruzione di edifici, di manufatti anche totalmente interrati e di ogni tipo di impianto tecnologico, fatte salve le opere attinenti alla difesa e regimazione idraulica, (…)                                                                                                                                         –         gli scavi e i movimenti di terra che modifichino sostanzialmente il profilo del terreno, fatti salvi gli interventi finalizzati alla realizzazione di progetti di recupero ambientale, di bonifica e di messa in sicurezza del rischio idraulico; – il deposito anche provvisorio di materiali di qualsiasi genere, ad esclusione di quelli temporanei necessari per l’esecuzione di lavori di manutenzione e sistemazione idraulica;                                                                                                                  –          l’interclusione della fascia di rispetto;                                                                                                                                                       –          le piantagioni di alberi e siepi ad una distanza minore di 4 metri dal ciglio di sponda, ad eccezione degli interventi di bioingegneria, di rinaturalizzazione o mantenimento della vegetazione di ripa e/o sistemazioni ambientali.”                    Il progettato impianto Gaburri manterrà invece una distanza di soli 5 metri dalla Roggia Rudoncello, come precisato nel documento “Relazione reticolo idrico minore” facente parte della documentazione prodotta per la procedura SUAP, pagina 9:

Per quanto attiene alle distanze previste dallo scavo di progetto, propedeutico alla messa in opera degli impianti previsti in corrispondenza dell’area in esame, rispetto alla rete irrigua comunale esistente, si precisa quanto segue (vd. TAVOLA UNICA allegata):                                                                                                                                                                                          –         lato Sud: canale reticolo minore: lo scavo manterrà la distanza minima di 16,30 m dalla sponda;                                   –         lato Nord: canale reticolo minore: lo scavo manterrà la distanza di 16,40 m dalla sponda;mentre per quanto attiene ai canali gestiti dal Consorzio di Bonifica Medio Chiese:                                                                                                                   –         lato Est e parte Sudest: roggia Rudoncello: lo scavo manterrà la distanza minima di 5,0 m dalla sponda.

E’ inoltre previsto, in corrispondenza della porzione centrale dell’area in oggetto, lo smantellamento di un canale in quanto, in relazione all’intervento di scavo previsto, tale canale perderà la sua funzione irrigua e/o di scolo.”

E’ quindi evidente che le distanze prescritte non vengono rispettate.

Inoltre il previsto smantellamento del canale che attraversa in direzione nord – sud l’area oggetto di intervento è in palese contrasto con l’art. 13 del Regolamento di Polizia Idraulica citato che stabilisce che:                                                           “Tutti gli interventi su corsi d’acqua irrigui, anche non facenti parte del reticolo idrico minore, devono essere volti al mantenimento e al ripristino ove necessario dell’efficienza delle canalizzazioni.                                                                                  Gli interventi di sostanziale modifica e di riassetto di canalizzazioni agricole, anche se non appartenenti al reticolo idrico minore, devono essere autorizzati ai fini idraulici.”                                                                                                                                               Si sottolinea che non viene mantenuta nemmeno la distanza di 10 metri dalla strada vicinale della Castella, che si trova tra la Roggia Rudoncello (distante 5 metri dall’impianto) e l’impianto stesso, e che risulta quindi direttamente confinante con lo scavo.  Alleghiamo inoltre una relazione che evidenzia l’incompletezza della documentazione tecnica presentata dalla ditta Gaburri, l’adozione di soluzioni tecnologiche non aggiornate del progetto, e l’ubicazione non adeguata dell’impianto .

Per il Co.Di.S.A.                                per Legambiente                    per il Comitato spontaneo

Maurizio Frassi                                  Isaac Scaramella                        contro le nocività

Lidia Bontempi

 

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