«Non c´è più tempo. Siamo morti che camminano». Paola Zara, della Rete antinocività bresciana, è stanca del silenzio delle istituzioni sul caso Caffaro, e con lei gli altri circa cento manifestanti che ieri pomeriggio si sono ritrovati sotto i portici di Palazzo Loggia per sollecitare la bonifica delle aree inquinate dal Pcb.
I dimostranti hanno esposto cartelloni con cifre preoccupanti riguardo ai tumori a Brescia – l´incidenza dei tumori al fegato è del 58 per cento superiore rispetto al resto del Nord Italia, mentre il linfoma non Hodgkin colpisce il venti per cento in più –, ricordando che «Abbiamo il record mondiale di Pcb nel sangue». Infatti, secondo i dati presentati in un recente convegno da Marino Ruzzenenti, la concentrazione media a livello mondiale è di 13,2 picogrammi per grammo di grasso, mentre nel sangue dei residenti in città il valore è di 54. Peggio va a chi abita o ha abitato nelle zone inquinate (82 picogrammi) e per chi ha consumato i generi alimentari prodotti nelle fattorie della Caffaro (419 picogrammi).
IL SIT IN È STATO ORGANIZZATO alla mezzanotte di domenica, subito dopo la trasmissione «Presa diretta» di Rai Tre, che nel giorno di Pasqua si è occupata proprio del caso Caffaro. Sotto accusa sono anche le spese per le «grandi opere». Un cartello denunciava: «Metro, Tav, inceneritore, parcheggio sotto il Castello
e poi non abbiamo i soldi per le bonifiche?». Su due transenne sono stati esposti piccoli teschi, mentre un grande striscione giallo recitava «Inquinati a morte. Ora basta Pcb». «Le risorse ci sono solo per le grandi infrastrutture, mentre per le bonifiche non sono mai arrivate – ha rincarato Zara -. È dagli anni Trenta che si sa che il Pcb fa male, ma mai nessuno ha fatto nulla». L´accusa è rivolta soprattutto ai partiti, e per questo la Rete non vuole chiedere nulla ai candidati alla carica di sindaco, anche per evitare strumentalizzazioni in campagna elettorale: «Sono state le amministrazioni e i governi che si sono succeduti a permettere tutto questo. Noi ci rivolgiamo solo a tutti i bresciani, perché finalmente rialzino la testa e dicano basta».
Alla protesta hanno partecipato molti cittadini che vivono o hanno vissuto nelle zone inquinate. È il caso di Mara e Sergio Galanti, che hanno abitato per dodici anni a Chiesanuova prima di trasferirsi a Castenedolo. «È una cosa vergognosa, abbiamo due figlie e non oso pensare cosa possiamo aver trasmesso loro attraverso il latte e i prodotti dell´orto che avevamo in giardino». Le colpe vengono divise equamente tra i proprietari dello stabilimento e le amministrazioni comunali: «Entrambi hanno speculato sulla città e sui suoi residenti, passati e futuri».
La campagna di sensibilizzazione sui temi dell´inquinamento continua: sabato 6 aprile alle 15, alla Casa delle associazioni di via Cimabue, si terrà un incontro con una delegazione di lavoratori di Taranto per parlare dell´Ilva, che tante similitudini ha con l´ex Caffaro.
da bresciaoggi.it
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