EX PICCINELLI: RADIOATTIVITA’ E CESIO 137

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Ex Piccinelli, quella falda che sfiora le scorie radioattive

L’ex cava Piccinelli di via Serenissima, farcita di Cesio 137 (valori fino a mille volte i limiti di legge) torna nelle prime pagine dell’agenda della Loggia. L’acqua di prima falda non risulta contaminata (lo ha comunicato l’Arpa nella conferenza stampa dell’ 8 gennaio) ma il rischio che salga a toccare la massa di 2mila metri cubi di scorie tossiche è reale. Basti pensare che il 3 ottobre è arriva ad un palmo dalla massa radioattiva: solo 20 centimetri e sarebbe accaduto quanto successo in passato, quando l’acqua si è mescolata alle scorie.

IL TAVOLO DI LAVORO DELLA LOGGIA Lo scorso anno la Loggia aveva finanziato la rimozione di 20 fusti radioattivi e la ricopertura della discarica, nata illecitamente nei primi anni Novanta, per opera di trafficanti di metalli senza scrupoli. «Ma l’ideale sarebbe poter portare quei 2mila metri cubi di scorie in un sito apposito, che oggi in Italia non c’è» ha spiegato il direttore tecnico di Arpa, Giuseppe Sgorbati. Per questo la Loggia si prepara anche al peggio: se salirà troppo la falda installerà una barriera idraulica, più piccola ma simile a quella in funzione alla Caffaro: pompe idrovore che terranno bassa la falda, evitando che si contamini dell’isotopo radioattivo, cancerogeno per l’uomo.

QUANTO INQUINAMENTO C’E’? Secondo i dati Arpa, la concentrazione massima di cesio 137 è di 188mila becquerel per chilo di terra, a fronte di un limite di riferimento normativo di mille bq/kg. Un dato quasi cinque volte inferiore rispetto ai valori massimi riscontrati dall’Asl nel 1998 (il documento a firma dell’allora dirigente Sergio Carasi parla di un milione e 55mila bq/kg).

https://brescia.corriere.it/brescia/notizie/cronaca/14_gennaio_08/ex-piccinelli-quella-falda-che-sfiora-scorie-radioattive-pietro-gorlani-afc59c06-7894-11e3-8d51-efa365f924c5.shtml

Ex Piccinelli, una storia di veleni «dimenticati»

È piena di vuoti di memoria, contraddizioni e omissis la vicenda dell’ex cava Piccinelli. Personaggi e documenti che scompaiono nel nulla. A cominciare dal primo mistero: quando è stato scoperto il Cesio 137 nell’ex cava? Nel marzo del ’98, secondo la versione ufficiale: un camion di rottami diretto all’Alfa Acciai attivò i portali di allarme radioattività in entrata della grande acciaieria. Provenienza del carico: l’ex cava Piccinelli, dove all’epoca aveva sede anche la Cagimetal, una ditta che ripuliva e commerciava rottami ferrosi.

SCOPERTA DUE VOLTE. Dagli archivi dell’Asl emergono però documenti clamorosi. Già nel 1993 il Servizio di Igiene della Asl segnalava al Comune una singolare situazione: «Dall’indagine sui rifiuti rinvenuti all’interno della dittaRemafer di Rodengo Saiano e delle terme di Ome – scriveva il dottor Sergio Carasi dell’Asl – risulta che il materiale scaricato all’interno dell’ex cava Piccinelli è sostanzialmente analogo e che l’origine è da imputarsi alla stessa ditta. Considerato che i rifiuti di Rodengo e Ome sono risultati contaminati da Cesio 137, si richiede l’emissione di ordinanza contingibile e urgente» (leggi qui l’ordinanza ) firmata nel gennaio ‘94 dall’assessore all’Ecologia del Comune di Brescia, Giuseppe Berruti, con l’indicazione per la ditta Impes di Roma di bonificare immediatamente il sito. Mai ottemperata.

I FUSTI DIMENTICATI. Come non sono mai stati portati via i fusti radioattivi abbandonati nel capannone dell’ex cava. Per rimuoverli e stoccarli nel centro Enea Casaccia di Roma, nel dicembre del 2012 il Comune di Brescia ha speso 78mila euro. Ma chi li ha riempiti di terreno radioattivo e quando? E come sono potuti rimanere incustoditi per quindici anni? «Il terriccio radiocontaminato è stato raccolto in fusti metallici da 60 litri – si legge su un documento dell’Asl datato agosto ‘98 – e collocati sotto una tettoia adiacente all’ingresso. Il materiale è stato affidato in custodia al signor Sindaco del Comune di Brescia». Sembra però che nessuno abbia mai preso in custodia gli undici fusti contenenti residui di campionamenti e terriccio radioattivo. Ed ecco come sono stati ritrovati nel dicembre del 2012 dai tecnici della Sogin, chiamati per mettere nuovamente in sicurezza il sito. I fusti rovesciati e aperti, le polveri contaminate disperse nell’ambiente, con una radioattività rilevata all’interno dei locali – secondo le recenti misurazioni di Nucleco – fino a dieci volte il fondo naturale. Un ulteriore incidente con contaminazione radioattiva, oltre a quella più grave del terreno, che forse si poteva evitare.

STRANI ABITANTI. Non è chiaro nemmeno quanti siano i fusti ritrovati da Nucleco nel capannone nel 2012. Erano ancora undici? Non è una domanda retorica. Nell’ex cava infatti ogni tanto spuntano – per poi scomparire – strani inquilini. Come il signore che risiedeva ancora, nei giorni della clamorosa scoperta del Cesio, «in un appartamento regolarmente abitato in un edificio ad ovest dell’area», come rilevava stupefatto un funzionario comunale nell’aprile del ‘98. O i titolari di una ditta bresciana cui nel 2003 viene concesso regolarmente in affitto – senza che il Comune sollevi alcuna eccezione – il capannone che conteneva i fusti. I due trasportatori sono ancora ricercati per sversamenti abusivi e traffico di rifiuti. Chi può escludere che abbiano movimentato anche i bidoni contaminati?

NESSUN RESPONSABILE. La più pesante delle “dimenticanze” istituzionali però è immortalata nella sentenza del Tar di Brescia del luglio del 2002, in cui il giudice annulla l’ordinanza di bonifica emessa dal Sindaco contro i proprietari dell’ex cava: «Si ritiene che il Comune sia incorso nel lamentato difetto di istruttoria – sancisce il giudice – procedendo nei confronti della ricorrente (la signora Maria Piccinelli, ndr) nonostante presso gli uffici fossero depositati documenti atti a individuare i responsabili dell’inquinamento radioattivo dell’area». Nessun responsabile. La gestione dell’emergenza e della bonifica viene quindi assunta dal Comune di Brescia, che dimenticherà volentieri e rimanderà ogni intervento per i successivi dieci anni. E sono vuoti di memoria che la radioattività non perdona. Il Cesio 137 infatti sarà radioattivo per i prossimi duecento anni.

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