Brescia 8 gennaio 2014 Al Ministro dell’Ambiente
Dottor Andrea Orlando
via Cristoforo Colombo 44,
00147 Roma
Al Direttore della Direzione generale per la tutela
del territorio e delle risorse idriche
del Ministero dell’Ambiente
Avv. Maurizio Pernice
via Cristoforo Colombo 44,
00147 Roma
Al Presidente dell’Ispra
Dottor Bernardo de Bernardinis
Via Vitaliano Brancati 48
00144 ROMA
Al Ministro della Sanità
Dottoressa Beatrice Lorenzin
Lungotevere Ripa, 1
00153 Roma
Al Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità
Dott. Fabrizio Oleari
Viale Regina Elena 299
00161 Roma
Al Direttore del Dipartimento Ambiente e connessa
prevenzione primaria dell’Istituto Superiore di
sanità
Dott. ssa Loredana Musmeci
Viale Regina Elena 299
00161 Roma
Al Presidente della Regione Lombardia,
dott. Roberto Maroni,
Piazza Città di Lombardia 1
20124 Milano
e p. c. Al Presidente della Provincia di Brescia,
dott. Daniele Molgora
P. zza Paolo VI° n.16,
25121 Brescia
Al Sindaco del Comune di Brescia,
dottor Emilio Del Bono
P.zza Loggia n. 1,
25121 Brescia
Al Direttore dell’Arpa di Brescia,
Dott. ssa Maria Luisa Pastore
via Cantore n. 20,
25128 Brescia
Al Direttore dell’Asl di Brescia
Dott. Carmelo Scarcella
Viale Duca degli Abruzzi, 15
25124 Brescia
Ogg.: Sin “Brescia Caffaro”: Inadeguatezza della Dirigenza dell’Asl di Brescia nella gestione del
“caso Caffaro”: gravi omissioni e mistificazioni della “Guida al cittadino” della stessa Asl che si
aggiungono alle inottemperanze, già denunciate, in relazione alle deroghe delle CSC da 10 a 80
volte senza analisi di rischio sito specifica.
Come si documenta di seguito, la dirigenza della Asl di Brescia ha nuovamente dimostrato la
propria inadeguatezza a gestire le complesse e gravissime problematiche del Sin Caffaro.
Dopo aver elevato senza previa analisi di rischio per i giardini pubblici e privati le CSC
(Concentrazioni Soglia di Contaminazione) di cui al Dlgs 152/2006, da 10 a 80 volte, ovvero dalla
tabella A alla tabella B, siti ad uso Commerciale ed Industriale, l’Asl di Brescia ha ora licenziato
una Guida al cittadino, che dovrebbe informare la cittadinanza sulla gravità della contaminazione in
essere e sui rischi per la salute, aggiornando quella prodotta nel 2002. Questa guida invece tende ad
occultare o distorcere in termini sostanziali la reale situazione ambientale e sanitaria
(www.aslbrescia.it/media/documenti/pcb/pubblicazione%20caso%20caffaro.pdf ).
Vi sarebbero tanti punti da discutere, ma ve ne sono tre che meritano attenzione perché assumono il
rilievo dello scandalo e muovono all’indignazione.
Il primo motivo di scandalo è la nuova composizione del rinato Comitato scientifico dell’Asl che
dovrebbe occuparsi del caso Caffaro. Quando nell’agosto del 2001 fu denunciato il “caso” dal
quotidiano “La Repubblica” che anticipava la pubblicazione di Un secolo di cloro e… PCB. Storia
delle industrie Caffaro di Brescia, l’Asl, anche perché non sapeva bene che cosa fare oltre a negare
il problema, fu costretta a istituire un Comitato scientifico di alto profilo in cui erano presenti
rappresentanti del Ministero dell’Ambiente, dell’Istituto superiore di sanità e dell’Università di
Milano. Si trattava di istituzioni competenti, ma soprattutto indipendenti ed estranee all’ambiente
istituzionale bresciano (inclusa Asl, Università di Brescia, Arpa) che avevano l’imperdonabile colpa
di aver del tutto ignorato il grave disastro ambientale e sanitario in corso a Brescia. Infatti quel
Comitato, nonostante le perplessità e le resistenze dei “bresciani”, lavorò bene e fece emergere le
dimensioni reali e l’entità del disastro.
Questa volta, invece, l’Asl ha confezionato un Comitato tutto “domestico”, in cui direttamente
o indirettamente compaiono persino alcune delle stesse persone che prima del 2001 avevano
del tutto “ignorato” il problema, nonostante i ruoli istituzionali di sorveglianza ricoperti: