PCB RECORD NEL SANGUE DEI BRESCIANI: 10 VOLTE PIU’ CHE IN USA

BRESCIA E L’INQUINAMENTO DELLA CAFFARO: 11 ANNI DOPO NULLA E’ CAMBIATO

Pcb record nel sangue dei bresciani: 10 volte più che in Usa

Bonifiche mai partite e i veleni restano nel corpo degli abitanti: una donna cresciuta in via Milano, ha allattato il figlioletto ma il suo latte era tossico

 

La Caffaro ha inquinato 7 milioni di metri quadratiLa Caffaro ha inquinato 7 milioni di metri quadrati

I bresciani hanno nel sangue una quantità di pcb e diossine doppia rispetto ai «cugini» francesi e dieci volte superiore a quella degli statunitensi. A parlare sono i dati. In ogni grammo di grasso plasmatico dei bresciani si trovano infatti 1136 nanogrammi di pcb, contro i 480 nanogrammi dei francesi e gli 85 nanogrammi degli americani.

 

Lo storico ambientalista Marino Ruzzenenti non ha fatto altro che mettere a confronto lo studio sulla contaminazione dei bresciani, pubblicato nel 2008 sulla rivista internazionale Chemosphere (e firmato dal direttore generale dell’Asl di Brescia Carmelo Scarcella e da Sergio Carasi, responsabile del dipartimento prevenzione) con le ricerche più recenti di Usa (Centers for Disease Control and Prevention) e Francia (Insitute de Veille Sanitaire). Il raffronto diventa ancor più choccante se fatto con gli abitanti della zona Caffaro che hanno mangiato animali allevati e ortaggi coltivati nell’area avvelenata: hanno nel sangue un quantitativo di pcb (14.244 nanogrammi) che è trenta volte superiore a quello dei francesi e 167 volte superiore a quello degli americani.

«Noi ostaggio del pcb», viaggio a Chiesanuova
Innocenti/Gorlani

 
E pensare che l’Agenzia nazionale di sicurezza alimentare, ambiente e lavoro francese – ha spiegato Ruzzenenti in una serata informativa organizzata a fine maggio a Chiesanuova – nel novembre 2011 ha individuato per le donne in età fertile una soglia critica per gli effetti sulla salute dei neonati di 700 nanogrammi. Sarebbe interessante conoscere quante giovani donne bresciane si trovino vicino od oltre quella soglia critica». Altri dati importanti arrivano dalla ricerca statunitense. Ha misurato anche le diossine e i pcb diossina-simili, e c’è quindi la possibilità di un raffronto con i bresciani: nel sangue degli americani si trovano in media 3,37 picogrammi per grammo di grasso. Nei cittadini bresciani 54 picogrammi, che salgono a 82 per quelli residenti nel sito Caffaro e a 429 per quelli che hanno consumato prodotti alimentari della zona inquinata.
Il problema del pcb e delle diossine è che danno origine a fenomeni di bioaccumulo: gli inquinanti si trovano in grande quantità nella parte grassa degli alimenti (quindi carne, uova, latte) che una volta ingeriti non vengono smaltiti ma restano nella cellule lipidiche del nostro organismo. Per decenni. E possono essere concausa di diverse patologie.

Per intuire la pervicacia di questi inquinanti vale la pena citare il caso di una donna nata e cresciuta in una cascina della zona Caffaro. Da piccola ha mangiato uova che la mamma raccoglieva nel pollaio, ha consumato carne allevata dal padre. E latte. Poco più che ventenne si sposa e va ad abitare in un altro quartiere. A trent’anni, nel 1973, l’orologio biologico si allinea sull’esigenza di procreare una nuova vita. Una volta messo al mondo il figlio inizia ad allattarlo, ha la fortuna di non dover ricorrere al latte artificiale. Una fortuna che in realtà si rivelerà una sfortuna. Perché l’Asl di Brescia, dopo aver prelevato un campione del suo latte, nel 2008 pubblica sempre su Chemosphere i risultati di quei prelievi. Quel latte conteneva 147 picogrammi di pcb-diossina simili per grammo di grasso. «Il dato è anonimo – specifica sempre Ruzzenenti – ma non sembra esservi alcun dubbio che si tratti della signora nata e cresciuta nella cascina della zona Caffaro». Eppure L’Organizzazione mondiale della sanità indica in 6 picogrammi il limite massimo, dopodiché il latte deve essere distrutto. È già successo a Brescia, verso la fine del 2007, quando la Centrale di Brescia bloccò il latte proveniente da cinque stalle dell’hinterland (che si trovano addirittura fuori dal sito Caffaro) perché contenevano più di 6 picogrammi/grammo. Il problema è che quella donna non venne avvisata, nonostante avesse chiesto ripetutamente all’Asl di avere i risultati delle sue analisi. E continuò ad allattare il suo bambino. Che a sua volta ha infatti alti livelli di pcb nel sangue.

Per Ruzzenenti tra i bresciani residenti nell’area Caffaro (ma non solo) esiste un rischio maggiore di contrarre malattie. A partire dal cancro. «Non si contano le pubblicazioni scientifiche sull’eccezionale tossicità di questi composti». E cita un altro studio proprio dell’Asl di Brescia, apparso nel gennaio 2011, su «Environmental Research»: si sono analizzati 495 casi di cittadini ammalatisi di linfoma non Hodgkin (tumore del sistema linfatico) tra il 1993 e il 2004. Ebbene, tra coloro che avevano vissuto per più di 10 anni nella zona Caffaro e nei quartieri immediatamente a sud, il rischio di andare incontro a quella neoplasia saliva da un 20 fino ad un 70 per cento. «Credo purtroppo che a Brescia il problema dei rischi sanitari legati alla presenza di diossine e pcb sia stato sottovalutato – chiude Ruzzenenti – L’Asl di Brescia da una parte pubblica su riviste internazionali contributi che dimostrano come la situazione sia grave, mentre a livello locale insiste nel dire che non esiste una correlazione tra l’alto tasso di pcb contenuto nel sangue dei bresciani e le malattie». Per questo c’è una grande attesa per la presentazione (il 18 settembre) dei dati del progetto «Sentieri» del Ministero della Salute, che è andato ad analizzare l’impatto sulla salute dei siti contaminati. Brescia compresa.
pgorlani@rcs.it

Pietro Gorlani

dal corriere Brescia

https://video.corriere.it/noi-ostaggio-pcb-siamo-stanchi/ec031690-d1a5-11e1-aa2d-fec7547fb733

https://brescia.corriere.it/brescia/notizie/cronaca/12_agosto_7/20120807BRE03_22-2111342647785.shtml

 

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