Il Ricorso della Regione Lombardia, deciso con Delibera del 19 settembre 2014, non è
assolutamente credibile, perché viziato da una gestione dei rifiuti in cui la stessa Regione
Lombardia si è sempre distinta per una sostanziale subalternità alle aziende smaltitrici ed al
business dell’incenerimento.
Il risultato è che in Lombardia vi sono attivi 13 inceneritori con un potenziale di incenerimento
di circa 2 milioni e mezzo di tonnellate di rifiuti, contro un fabbisogno attuale, peraltro in
tendenziale calo, di circa 2 milioni.
Inoltre a Brescia opera il più grande inceneritore d’Europa, di A2A, con potenzialità di quasi 1
milione di tonnellate, che brucia di norma tra le 720 e le 820 mila tonnellate di rifiuti all’anno, di
contro ad un fabbisogno dell’“ambito ottimale”, ovvero la provincia di Brescia, di 288.000
tonnellate di rifiuti da smaltire nell’anno 2013. Il disastro è stato possibile perché la Regione
Lombardia, dopo aver autorizzato, nel 1993, un inceneritore a Brescia per trattare al massimo
266.000 tonnellate di rifiuti ha chiuso un occhio di fronte alla costruzione “abusiva” e senza Via da
parte dell’allora Asm di un inceneritore da 500.000 tonnellate circa, entrato in funzione nel 1998.
Inoltre la stessa Regione ha assecondato l’aggiunta di una terza linea di incenerimento nel 2004,
costruita senza Via e senza alcuna autorizzazione, raggiungendo un totale di oltre 800.000
tonnellate di rifiuti; terza linea che ha comportato la condanna da parte della Corte di giustizia
europea, nel 2007, appunto, per mancata Via.
Proprio questo megainceneritore, dunque, presenta un surplus di potenzialità di circa 450.000
tonnellate di rifiuti, attualmente compensati da circa 50.000 tonnellate di rifiuti urbani provenienti
da tutta la Regione Lombardia e circa 400.000 tonnellate di rifiuti speciali, soprattutto Cdr, quasi
interamente importati da tutta Italia.
Quindi, A2A innanzitutto ed in minor parte Hera ed Iren dell’Emilia Romagna sono le
promotrici del comma 5 dell’art. 35, perché per un inceneritore i rifiuti urbani, a differenza degli
speciali che costano, rappresentano un ricavo, nell’ordine di circa 10 milioni di euro per ogni
100.000 tonnellate di rifiuti urbani importati.
La strategia di A2A si è così dispiegata, a partire dal 2013, quando le sono venuti del tutto meno i
copiosi contributi Cip6, ammontanti complessivamente a circa 500 milioni di euro.
Da allora A2A, con una potente azione di lobby, ha cercato di ottenere di poter bruciare grandi
quantità di rifiuti urbani importati, vera fonte di profitti. Infatti il nuovo Piano regionale rifiuti
approvato nel giugno 2014 rompe il vincolo del “bacino territoriale ottimale”, la provincia per i
rifiuti urbani da incenerire trasformando gli inceneritori in impianti di interesse regionale, aprendo
così una breccia nel vincolo di “bacino territoriale ottimale”, attraverso la quale far passare, e siamo
all’oggi, il principio dell’impianto di interesse nazionale.
D’altro canto, per prevenire la temute reazioni negative della cittadinanza bresciana di fronte
all’importazione permanente di un’enorme quantità di rifiuti, A2A ha ottenuto dal Comune di
Brescia, con l’accordo della Regione Lombardia, che in sede di conferenza dei servizi per il rinnovo
dell’AIA, del 22 gennaio 2014, venisse chiesta l’importazione di circa 280.000 tonnellate di rifiuti
speciali, in particolare Cdr, compensando il Comune stesso con un contributo di circa 2,7 milioni di
euro l’anno.
Infine, con lo Sblocca Italia, A2A otterrebbe finalmente di trasformare questi rifiuti speciali
importati in rifiuti urbani di importazione, con un notevole vantaggio economico.
Il ricorso della Regione Lombardia non è dunque credibile, perché, con il nuovo Piano Rifiuti
approvato il 20 giugno 2014, su sollecitazione di A2A è stata la stessa Regione a rompere il
vincolo del “bacino territoriale ottimale” per gli inceneritori, nel caso specifico per l’inceneritore
A2A di Brescia.
La gravissima responsabilità della Regione Lombardia nell’assecondare il progetto di A2A è
del tutto evidente e non può essere attenuata dai maldestri tentativi di “santificare” i rifiuti2
urbani lombardi e “demonizzare” quelli campani, rischiando toni dal sapore razzista. Del
resto come si può sostenere che all’inceneritore di Brescia possano arrivare rifiuti urbani da Varese
o Como, ma non da Trento o da Roma, oppure autorizzare l’arrivo a Brescia di centinaia di migliaia
di tonnellate di Cdr dal Lazio o dalla Campania, ma non rifiuti urbani dalle stesse Regioni? Ed
infatti il ricorso della Regione Lombardia non cita quanto previsto dal Dlgs 152/2006 e successive
modifiche relativamente al “bacino territoriale ottimale”, puntando esclusivamente sul conflitto di
competenze Stato – Regioni.
Insomma non considera le vere motivazioni per cui l’art. 35 dello Sblocca Italia è inaccettabile.
L’art 35 relativo alla gestione dei rifiuti e agli inceneritori va abrogato per altre ragioni di
sostanza: cancella un principio fondante della gestione corretta dei rifiuti, ovvero la responsabilità
delle comunità che producono i rifiuti, che devono assumersi in proprio il compito prioritario di
ridurli alla fonte, di recuperarne tutti i materiali e comunque di trattarli sul proprio territorio
evitando e prevenendo quel traffico di rifiuti, che, come è noto, è una delle più fiorenti attività della
criminalità organizzata; incentiva in maniera sconsiderata la tecnologia ormai obsoleta
dell’incenerimento, in spregio degli orientamenti della Comunità europea che hanno già stabilito
che detta tecnologia deve essere superata entro il 2020, in favore invece della riduzione e del
recupero dei rifiuti come materia; infine, non tiene per nulla conto delle compatibilità ambientali,
caricando di un impatto emissivo aggiuntivo inceneritori collocati nella Pianura padana, una vera
camera a gas, già oggetto di sanzione della Corte di Giustizia europea nel dicembre 2012 per
l’inottemperanza del rispetto dei limiti delle PM10. Insomma per ridurre le penalità Ue sui rifiuti
urbani non correttamente gestiti, si consolidano le penalità Ue per il non rispetto dei limiti delle
PM10 nella Pianura Padana. La soluzione è un grande intervento per implementare la raccolta porta
a porta in tutto il Paese, come si fa virtuosamente anche in alcune città del Sud, come Padula e
Salerno, e per sviluppare la filiera del recupero di materia e del riciclaggio, chiudendo gradualmente
gli inceneritori padani.
Inoltre la Regione Lombardia, se vuole tutelare davvero il proprio territorio e dare forza e
coerenza al proprio ricorso, deve ripristinare l’ambito territoriale ottimale per i propri
inceneritori, vietando agli stessi di importare rifiuti speciali, Cdr o altro, dal resto d’Italia, con
la motivazione vincolante di dover ridurre le emissioni di PM10 per rientrare sotto i limiti ed evitare
ulteriori condanne da parte della Corte di giustizia europea.
Il problema di Brescia, nell’immediato, è un inceneritore sovradimensionato, costretto a
importare centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti urbani e speciali, in un contesto urbano con
l’aria definita dall’Ue la terza più inquinata su 221 città e con i terreni contaminati da PCB e
diossine a livelli record.
Per questo va cancellato l’art. 35 dello “Sblocca Italia” e a Brescia va chiusa subito una linea
dell’inceneritore A2A.
Brescia 29 settembre 2014 “Forum per un ciclo dei rifiuti sostenibile”
Cittadini per il riciclaggio
CivicaMente cittadini di Ospitaletto
Codisa
Comitato ambiente Brescia sud
Comitato per il porta a porta Botticino
Comitato Lamarmora per l’ambiente “Laperl’A”
Comitato per la salute, rinascita e salvaguardia del centro storico
Comitato Rifiuti Zero
Coordinamento Comitati Ambientalisti Lombardia
Custodi del Creato
Facciamo Rivivere Vobarno
Gruppo decrescita felice
Gruppo “mamme” di Castenedolo
La collina dei castagni Castenedolo
Legambiente Brescia
Rete Antinocività Brescia
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