Il dibattito sullo Sblocca Italia:
un’opportunità per affrontare il futuro dell’inceneritore A2A di Brescia
Chiudere una linea dell’inceneritore. Raccolta differenziata di qualità. Sviluppo di un
distretto produttivo per il riuso, il recupero di materia, il risparmio energetico ed il solare
Il Decreto legge 133 del 12.09.2014, detto “Sblocca Italia” ha provocato una vivace discussione
intorno al futuro dell’inceneritore A2A di Brescia, non sempre limpida perché viziata da
evidenti strumentalizzazioni politiche.
Sblocca Italia e inceneritore A2A
Innanzitutto va chiarito che l’inceneritore A2A funziona da sempre “a saturazione del suo carico
termico”, corrispondente ad un massimo teorico di 981.837 t/a di rifiuti, come ribadito anche dal
recente Decreto Aia della Regione Lombardia del 25.02.2014. Quindi, in questo senso lo Sblocca
Italia, col comma 2 del’art. 35, non può cambiare nulla rispetto all’inceneritore bresciano per la
semplice ragione che non è possibile fisicamente aggiungere rifiuti da bruciare ad una macchina che
già è autorizzata a funzionare al suo massimo; sarebbe come voler mettere un litro e mezzo di acqua
in una bottiglia da un litro.
Ciò che cambierebbe per Brescia, con il comma 5 dello stesso art. 35, sarebbe invece la
sostituzione di circa 280.000 tonnellate di rifiuti speciali (in gran parte Cdr, ovvero urbani
deferizzati e disidratati provenienti dalle regioni in emergenza come Lazio, Campania…) con rifiuti
urbani “tal quale” provenienti dalle stesse regioni.
Il Governo ne trarrebbe un vantaggio, riducendo le penalità europee previste per l’Italia, perché non
è in grado di promuovere un efficace riciclaggio e di gestire in proprio i rifiuti urbani prodotti
A2A ne godrebbe aumentando i propri profitti, perché i rifiuti urbani, a differenza del Cdr e degli
speciali, non rappresentano per l’azienda un costo, bensì un ricavo (ipotizzando 300.000 t di
urbani in più, in sostituzione degli speciali, una somma di circa 30 milioni di euro all’anno).
Per i bresciani significherebbe sancire per sempre che l’inceneritore A2A è l’immondezzaio d’Italia,
alimentato, per più della metà da rifiuti importati, con un impatto ambientale insostenibile, sia che si
tratti di urbani, sia che si tratti di speciali, per certi aspetti ancora più tossici.
I Bresciani, grazie al fatto che numerosi comuni virtuosi, non il capoluogo purtroppo, sono passati
alla raccolta “porta a porta”, hanno notevolmente ridotto i rifiuti urbani residui da smaltire: nel 2013
solo 288.000 tonnellate, di contro ad un inceneritore che ne brucia oltre 700.000. Dunque il
vantaggio delle buone pratiche di raccolta differenziata e di riciclo saranno definitivamente
vanificate con la beffa della importazione di rifiuti
Questo è il vero nodo che va affrontato, ovvero Brescia non può più sopportare un inceneritore di
queste dimensioni, in gran parte inutile e dannoso, che la costringe ad essere l’immondezzaio
d’Italia, condannata ad importare rifiuti speciali o urbani da ogni dove.
Come si è giunti a questo punto
L’attivazione dell’inceneritore Asm di Brescia nel 1998 venne esplicitamente motivata con la
necessità di assicurare alla città e alle sue immediate vicinanze uno smaltimento alternativo a quello
in discarica. La scelta fu inoltre sostenuta come transitoria, in attesa che in prospettiva l’aumento
della raccolta differenziata e del recupero di materia rendessero non più necessario l’incenerimento
o il conferimento in discarica. A riprova di ciò, le quantità massime inizialmente autorizzate,
266.000 tonnellate di soli rifiuti solidi urbani, erano all’epoca addirittura inferiori alla produzione di
rifiuti indifferenziati della provincia. “Abusivamente” Asm costruì un impianto con una potenzialità
doppia di quella autorizzata, bruciando circa 500.000 tonnellate. Quindi nel 2004, con la
motivazione dei Cip 6 (contributi pubblici per 8 anni di diverse centinaia di milioni di euro), venne
attivata una terza linea da dedicare esclusivamente ai rifiuti speciali, raggiungendo le 800.000 t.2
Nel 2013, finiti i Cip6, superata la distinzione tre le tre linee di incenerimento, A2A si trovò con un
inceneritore assolutamente sovradimensionato e da allora A2A, con una potente azione di lobby, ha
cercato di ottenere di poter bruciare grandi quantità di rifiuti urbani importati, vera fonte di profitti.
Infatti il nuovo Piano regionale rifiuti approvato nel giugno 2014 rompe il vincolo del bacino
provinciale per i rifiuti urbani da incenerire trasformando gli inceneritori in impianti di interesse
regionale, aprendo così una breccia nel vincolo di bacino provinciale, attraverso la quale far
passare, e siamo all’oggi, il principio dell’impianto di interesse nazionale.
D’altro canto, per prevenire la temute reazioni negative della cittadinanza bresciana di fronte
all’importazione permanente di un’enorme quantità di rifiuti, A2A ha ottenuto dal Comune di
Brescia, in sede di conferenza dei servizi per il rinnovo dell’AIA, che venisse chiesta l’importazione
di circa 280.000 tonnellate di rifiuti speciali, in particolare Cdr, compensando il Comune stesso con
un contributo di circa 2,7 milioni di euro l’anno.
Infine, con lo Sblocca Italia, A2A otterrebbe finalmente di trasformare questi rifiuti speciali
importati in rifiuti urbani di importazione, con un notevole vantaggio economico.
Il ruolo delle istituzioni locali
La gravissima responsabilità della Regione Lombardia nell’assecondare il progetto di A2A è del
tutto evidente e non può essere attenuata dai maldestri tentativi di “santificare” i rifiuti urbani
lombardi e “demonizzare” quelli campani, rischiando toni dal sapore razzista.
L’imbarazzo del Comune di Brescia, invece, ci induce a ritenere che forse quell’accordo con A2A,
sullo scambio tra rifiuti speciali importati e compensazione finanziaria non fosse stato
sufficientemente meditato nelle sue conseguenze.
Vogliamo prendere sul serio l’affermazione del sindaco Del Bono: “Non vogliamo che Brescia
diventi l’immondezzaio d’Italia”. A patto che all’affermazione seguano atti conseguenti e coerenti,
che oggi più che mai si impongono se si vuole davvero contrastare lo Sblocca Italia.
Perché il Decreto “Sblocca Italia” è sbagliato
L’art 35 relativo alla gestione dei rifiuti e agli inceneritori va cancellato per altre ragioni di
sostanza: cancella un principio fondante della gestione corretta dei rifiuti, ovvero la responsabilità
delle comunità che producono i rifiuti, che devono assumersi in proprio il compito prioritario di
ridurli alla fonte, di recuperarne tutti i materiali e comunque di trattarli sul proprio territorio
evitando e prevenendo quel traffico di rifiuti, che, come è noto, è una delle più fiorenti attività della
criminalità organizzata; incentiva in maniera sconsiderata la tecnologia ormai obsoleta
dell’incenerimento, in spregio degli orientamenti della Comunità europea che hanno già stabilito
che detta tecnologia deve essere superata entro il 2020, in favore invece della riduzione e del
recupero dei rifiuti come materia; infine, non tiene per nulla conto delle compatibilità ambientali,
caricando di un impatto emissivo aggiuntivo inceneritori collocati nella Pianura padana, una vera
camera a gas, già oggetto di sanzione della Corte di Giustizia europea nel dicembre 2012 per
l’inottemperanza del rispetto dei limiti delle PM10.
Il Comune di Brescia ha l’occasione per mettere in campo una grande politica
Il Comune di Brescia può e deve assumere un ruolo centrale in questa vicenda. Per due ragioni:
ospita il mega inceneritore di A2A sul proprio territorio con il dovere istituzionale prioritario di
tutelarne l’ambiente e la salute dei cittadini; è comproprietario di A2A, con il Comune di Milano la
cui amministrazione è politicamente affine (opportunità da cogliere positivamente).
Certo, perché Brescia non sia l’immondezzaio d’Italia come afferma il sindaco di Brescia, bisogna
metter in atto azioni efficaci che precludano questa situazione indesiderata.
Il punto nodale, dunque, è riportare l’inceneritore di Brescia a dimensioni coerenti con il fabbisogno
di trattamento dei rifiuti urbani della provincia di Brescia, meno di 300.000 tonnellate anno,
interrompendo l’importazione di rifiuti, sia speciali nel caso odierno, che urbani in futuro secondo
lo Sblocca Italia.3
Ma per avere argomentazioni coerenti e convincenti per scongiurare questo futuro, il Comune diBrescia deve compiere un salto di qualità, svincolarsi dall’abbraccio soffocante di A2A sancito dall’accordo di scambio tra rifiuti speciali importati e compensazione finanziaria. Non ci si può opporre all’importazioni di rifiuti urbani se, nel contempo, si sostiene l’importazione di rifiuti speciali. Vogliamo aiutare il sindaco Emilio Del Bono a compiere questo passo. Il sindaco è innanzitutto rappresentante di una comunità che ha già sofferto troppo per gli insulti di un’industrializzazione dissennata. La tutela della salute e dell’ambiente è una priorità per un buon amministratore. Quale amministratore, in un contesto già così degradato come quello bresciano, accetterebbe di importare enormi quantità di rifiuti, con un innegabile impatto aggiuntivo, in un inceneritore collocato dentro la propria città? Invitiamo il sindaco ad una profonda riflessione perché siamo convinti che in coscienza non potrà non maturare la convinzione che quell’accordo fu un errore e che bisogna dire no a qualsiasi importazione di rifiuti, oggi speciali, domani urbani, anche rinunciando all’obolo di A2A. I cittadini bresciani capiranno che la loro salute vale più di 2,7 milioni di euro all’anno. Anche di 5 milioni, se domani A2A intendesse essere più “generosa”.
Come impedire l’importazione di rifiuti nell’inceneritore di A2A
Compiuta questa scelta, che ha innanzitutto una rilevanza etica, il compito rimane comunque
impegnativo, perché si tratta di dismettere definitivamente e subito, una linea dell’inceneritore.
Occorre sapere che non vi sono alternative: è un impianto troppo complesso che non sopporta di
marciare al 60- 70%, sarebbe un disastro economico, questo sì irrealistico. Per di più, le prime due
linee vanno verso i 20 anni di esercizio, registrano ormai periodicamente gravi guasti, richiedono a
breve interventi pesanti di manutenzione per adeguare gli inefficienti sistemi di abbattimento degli
ossidi di azoto, come richiesto dall’Arpa. E d’altronde finché le 3 bocche sono aperte
inevitabilmente devono essere sfamate. Dunque una linea va chiusa subito, perché già ora
alimentata solo da rifiuti importati, scongiurando così anche l’arrivo degli urbani. Ciò ridurrebbe
anche il fabbisogno di un nuova discarica per le scorie a Bosco Stella, tutelando quel territorio.
Si tratta di convincere innanzitutto il partner politico milanese, poi gli amministratori di A2A.
L’argomento principe è l’incompatibilità ambientale, tema che peraltro è già, e lo sarà ancor di più
in futuro, all’attenzione della Corte di Giustizia europea e della Magistratura locale.
Partiamo dalle PM10, rispetto alle quali le condizioni dell’aria ambiente di Brescia registrano
mediamente un superamento di tre volte i limiti accettabili per la tutela della salute.
L’impatto ambientale, ad esempio, di una della tre linee, già ora inutile ed alimentata
esclusivamente da rifiuti speciali importati, si può valutare in circa 140 tonnellate in più all’anno di
emissioni di composti precursori delle PM10, cancerogene certe per l’uomo, (biossido di zolfo,
ossidi di azoto, ammoniaca, acido cloridrico, per una somma di circa 85 mg/Nm3
da moltiplicare per 1 miliardo e 700 milioni di Nm3
, circa), pari alle emissioni di circa 87 milioni di automobili Euro 5
all’anno (160 mg/km) che percorrono 10 km nell’area urbana. L’argomento può essere usato anche
per convincere i milanesi, che con una città molto più vasta e con l’aria meno inquinata, hanno un
inceneritore di sole 500.000 tonnellate, esattamente come sarebbe a Brescia chiudendo una linea, e
con sistemi di abbattimento degli ossidi di azoto, precursori delle PM10, molto più efficienti di
Brescia, come certificato dalla stessa A2A; cosicché oggi a Brescia subiamo in quantità assolute
circa tre volte le emissioni dell’inceneritore Silla di Milano. Per di più a Milano non vi è un
territorio come quello del Sin Caffaro con i terreni inquinati da PCB e diossine a livelli che non si
registrano da nessuna parte al mondo in aree cittadine. Ebbene proprio per questi microinquinanti,
PCB e diossine, prendendo come riferimento le uniche misurazioni validate da Arpa Brescia nel
2009 molto vicine se non superiori al limite di legge e pari a circa 0,04 ngTEQ/Nm3
, si può comprendere come sia assurdo e inaccettabile che su un terreno, già inquinato anche cento volte
oltre i limiti di legge, si facciano ricadere ogni anno circa 68 milioni di ngTEQ/a di diossine in più,
destinate, insieme a circa 68 milioni di microgrammi/a di PCB, ad aggiungersi alla devastazione
“Caffaro”, accumulandosi di anno in anno (Si utilizzano le unità di misura che inducono la4
contaminazione di 1 kg di terreno, 10 ngTEQ per le diossine e 60 microgrammi per i PCB; si può
anche dedurre una stima di quanto terreno inquinato ogni anno, pari a 7 mila tonnellate, circa).
Un ragionamento, inoltre, particolarmente stringente è che l’Amministrazione comunale di Brescia
si troverebbe in un imbarazzo insostenibile nel chiedere ai cittadini di compiere sacrifici importanti
per aumentare sia quantitativamente che qualitativamente la raccolta differenziata, in particolare
con l’unico sistema che garantisce risultati significativi, il “porta a porta”. Come si può chiedere ai
cittadini un impegno non indifferente per ridurre i rifiuti da conferire all’inceneritore, se poi le
stesse quantità vengono reintegrate con rifiuti importati?
L’altra argomentazione da considerare è il legame, esistente a Brescia, tra inceneritore e
teleriscaldamento. Anche questa è una tecnologia obsoleta, del secolo scorso, che va gradualmente
superata, intanto riducendo il fabbisogno di acqua calda attraverso l’efficientamento energetico
della città. Del resto la stessa A2A con le nuove centrali ha abbandonato la cogenerazione, tornando
all’impostazione originaria di impianti termici da attivare soltanto quando vi è fabbisogno di acqua
calda, nei sempre più ridotti periodi di freddo. La cogenerazione, infatti, è ritenuta da A2A
economicamente sostenibile solo con combustibili a costo basso come il carbone o addirittura a
costo negativo come i rifiuti urbani. In questo caso, però, il carico ambientale delle emissioni,
perdurante per l’intero anno anche quando l’acqua calda non è necessaria, è incompatibile con le
condizioni dell’aria ambiente e dei terreni già inquinati di Brescia. Le convenienze economiche di
A2A non possono essere scaricate sulla salute dei cittadini.
E’ la strategia di A2A Ambiente che va rinnovata. Di questo dovrebbe discutere il sindaco con i
nuovi amministratori. Le vecchie politiche industriali sono superate e non hanno futuro:
fortunatamente ad Asm gli ambientalisti hanno impedito di costruire in città la grande centrale
termoelettrica progettata, che si sarebbe trasformata in un disastro economico, perché la produzione
di energia con le grandi combustioni non ha più senso, allo stesso modo dell’incenerimento dei
rifiuti e degli elefantiaci sistemi di teleriscaldamento che di questi impianti hanno bisogno. Il futuro
appartiene a tutte le attività di risparmio e di efficientamento energetico, alle tecnologie solari, alla
filiera del recupero e della valorizzazione dei materiali post consumo. Chiudere la terza linea non
deve significare per A2A semplicemente dismettere un’attività ed un business, ma fare meglio e di
più impresa nel territorio bresciano, implementando un distretto produttivo in questi settori
strategici, utili per costruire un futuro durevole, per creare molta più occupazione qualificata e per
di più con minor impatto ambientale.
In conclusione ci piacerebbe trovare una sede appropriata per un confronto pubblico con il sindaco
di Brescia su una questione che ha una rilevanza fondamentale per il futuro della nostra città.
Brescia 22 settembre 2014 “Forum per un ciclo dei rifiuti sostenibile”
Cittadini per il riciclaggio
CivicaMente cittadini di Ospitaletto
Codisa
Comitato ambiente Brescia sud
Comitato per il porta a porta Botticino
Comitato Lamarmora per l’ambiente “Laperl’A”
Comitato per la salute, rinascita e salvaguardia del centro storico
Comitato Rifiuti Zero
Coordinamento Comitati Ambientalisti Lombardia
Custodi del Creato
Facciamo Rivivere Vobarno
Gruppo decrescita felice
Gruppo “mamme” di Castenedolo
La collina dei castagni Castenedolo
Legambiente Brescia
Rete Antinocività Bresciana
ascolta qui la conferenza stampa
https://www.radiondadurto.org/2014/09/23/brescia-lo-sblocca-italia-incenerisce-i-beni-comuni/