ALTA VELOCITA’ A BRESCIA: A CHE PUNTO SIAMO

Insostenibilità e Contraddizioni ad Alta Velocità

TAV l’inutilità di un modello di trasporto che è solo business

 Premessa

Il modello di modernizzazione del sistema di infrastrutture nazionali, in termini dotazione di grandi vie di comunicazione con particolare attenzione al progetto di alta velocità-alta capacità ferroviaria, promosso prima dal Governo di Centro Sinistra, e successivamente con l’approvazione della Legge 443 del 2001: Legge Obiettivo* dal governo di Centro Destra , pone gravi problemi di sostenibilità e convenienza tali da dover ripensare completamente l’intero modello di dotazione di infrastrutture.  Esistono molteplici elementi di criticità attraverso cui affrontare il tema della modernizzazione e razionalizzazione del settore trasporti e lavori pubblici italiano. Alcuni di questi elementi, quelli certamente più importanti e decisivi perché legati alla tutela del patrimonio ambientale, all’efficiente gestione delle risorse pubbliche, ed alla democraticità e partecipazione dei cittadini (soprattutto quelli residenti nei territori di cantierizzazione delle opere), sono assolutamente trascurati da parte del potere politico ed economico.

Ai fini del presente documento la riflessione sugli elementi di particolare criticità si rivolge a quel tratto di rete di alta velocità e capacità ferroviaria denominato “Corridoio 5” * che coinvolge un ambito di interesse locale, quale il territorio della provincia di Brescia e, in particolare, il basso Garda Bresciano, malgrado buona parte degli argomenti di analisi proposta siano assolutamente riferibili all’intera opera nel suo complesso. Va posto immediatamente in evidenza che non esiste ancora un tracciato, o progetto, definitivo di linea di alta velocità alta capacità ferroviaria sul territorio bresciano. Uno dei nodi fondamentali che ha continuamente posticipato la presentazione di un progetto definitivo è principalmente riferibile alla previsione di passaggio della linea Alta Velocità a Brescia città piuttosto che, nella principale delle ipotesi, il passaggio avvenga a sud della città, verso l’aeroporto di Montichiari.

Il tratto bresciano della linea Av-Ac

Il principale argomento di discussione che proponiamo riguarda l’inserimento ambientale, o esame di impatto e sostenibilità ambientale, del progetto di alta velocità ferroviaria nel territorio bresciano, cercando di definire alcune peculiarità territoriali dei luoghi interessati alla nuova rete ferroviaria.

Sinteticamente si possono individuare i seguenti ambiti territoriali d’esame.

  • I comuni ad Ovest di Brescia,
  • la città di Brescia,
  • l’area Montichiari, Ghedi, Castenedolo,
  • la galleria di Lonato
  • le colline moreniche del basso Garda.

La previsione di tracciato Alta Velocità, nei comuni ad ovest della provincia di Brescia, s’inserisce in un contesto territoriale dove esiste una situazione di incredibile concentrazione di infrastrutture esistenti ed in progetto. Una fascia di territorio che interessa più comuni dove si concentrano:

–          l’esistente ferrovia MI-VE già oggetto di quadruplicamento tra BG e MI;

–          l’autostrada BS-MI; numerosi ambiti estrattivi di ghiaia e sabbia e le onnipresenti discariche di materiali inerti e non;

–          la progettata BRE-BE-MI (nuova autostrada tra BS e MI);

–           l’Alta Velocità di prossima realizzazione.

Il tracciato dell’alta velocità costituisce inoltre un elemento di distruzione e frammentazione di numerose aziende agricole e cascine presenti sul territorio.

Il passaggio della linea in Brescia città

Arriviamo quindi al nodo del passaggio o meno della linea di alta velocità in Brescia città, ipotesi sostenuta dall’amministrazione comunale di Brescia e da alcuni comitati territoriali, mediante fantasiosi progetti d’arrivo in città con stazione di tipo metropolitano, quindi interrata. Un’ipotesi di carattere mitigatorio da alcuni considerata quale elemento fondamentale al quale subordinare il consenso all’intera tratta in progetto.

L’alternativa alla fermata a Brescia del treno alta velocità è quella da sempre avanzata nel progetto preliminare della rete, che prevede il passaggio dell’alta velocità a sud di Brescia e l’eventuale fermata all’aeroporto di Montichiari.

Un’ipotesi sul quale si sono scatenate incredibili speculazioni edilizie soprattutto in quella porzione di territorio tra Ghedi, Castenedolo e Montichiari, nota come località Fascia d’Oro, dove la convergenza di aspettative di speculazione edilizia per infrastrutture e servizi di terziario avanzato (spazi commerciali, impianti sportivi importanti nodi di collegamento aereo, ferroviario e automobilistico) sta trasformando l’area nel nuovo “Eldorado della Lombardia”.

Infine nell’ipotesi di una stazione dell’Alta Velocità a Montichiari Castenedolo vanno realizzate le bretelle di collegamento ferroviario o metropolitano con la città di Brescia, che oltre all’area di Montichiari e Castenedolo, interesserebbero anche il comune di Calcinato nella sua diramazione ad est della città.

La Tav nel basso Garda

L’inizio dell’opera, o meglio la cantierizzazione dell’opera, nel tratto Bresciano dell’Alta Velocità è individuato nel Comune di Lonato dove è prevista la realizzazione di un doppia galleria di 7 km per un fronte di 30 metri che attraversa Lonato per riemergere in Comune di Desenzano e proseguire poi per Verona.

L’inizio del cantiere TAV a Lonato significa un decennio di ulteriore isolamento per la frazione Campagna posta a ridosso dell’area di cantiere, che vedrebbe interrotta la possibilità di raggiungere il centro del paese e la direttrice verso Brescia. Da notare che nell’area dove si prevede di localizzare il cantiere e le attrezzature per la realizzazione dello scavo manca completamente una adeguata viabilità per un cantiere di simili proporzioni. Si accede alla SS per Brescia e Verona passando a ridosso del capoluogo, inoltre per arrivare alla SS Lenese è necessario il rifacimento del ponte sull’autostrada e una bretella che aggiri la strettoia al centro della frazione Campagna.

Il tracciato causa gravi interferenze con alcune importanti aziende locali situate sul tracciato della ferrovia e costrette a dislocare altrove il prodotto finito perché la linea passa nel bel mezzo dei piazzali di stoccaggio.

Evidenti sono ancora i problemi di trattamento in loco dello “smarino” di scavo che è un rifiuto speciale, e naturalmente necessiterà di apposite discariche per il conferimento. Nuove cave di prestito sorgeranno per sostenere la necessità di calcestruzzo e ghiaie, malgrado 7 km di galleria rimangono un affare per coloro che avranno opportunità di estrarre enormi quantità di ghiaia e sabbia.

La galleria che attraversa le colline ad una profondità variabile ma fino a 30 metri causerebbe una barriera al deflusso delle falde sotterranee con problemi di prosciugamento dei pozzi a sud del paese e innalzamenti di falda a nord.

Fuori della galleria di Lonato, in territorio di Desenzano del Garda, si distende l’anfiteatro morenico del basso Garda con le sue colture a vitigno DOC, di Lugana oltre che ad un ambiente collinare di insostituibile ricchezza storica, naturale e culturale (vedi Lettera di due agricoltori – Allegato 3). Qui la linea alta velocità passa in rilevato e trincee, di elevato potenziale distruttivo del territorio.

La linea Av – Ac e le linee storiche

Un’ulteriore insieme di questioni è legata alle profonde contraddizioni insite nella necessità, secondo alcuni di non perdere l’occasione di definizione del corridoio Lione – Kiev e dell’importanza strategica per il nostro paese dell’opera *. Dovremmo, infatti, chiedere ad uno dei tanti pendolari che percorrono in treno la tratta VR-BS-MI cosa ne pensano del sistema di trasporti a “Bassa Velocità”.

Le condizioni di pulizia e sicurezza, di affidabilità e puntualità della rete ferroviaria è ormai giunta a livelli di insopportabilità tale da consolidarsi in quotidiane proteste organizzate da comitati di inferociti cittadini perennemente in ritardo sui luoghi di destinazione e costretti a viaggi allucinanti su carrozze fatiscenti e infestate da ogni sorta di parassiti.

La lista di record da prendere ad esempio è sterminata:

–          soppressione di numerosi treni interregionali costringendo i pendolari all’utilizzo degli intercity che costano di più e fanno meno fermate.

–          Il governo continua a tagliare fondi alle ferrovie invece di investire in materiali rotabile e sicurezza.

–          A livello nazionale mancano almeno 1300 macchinisti, il 60% dei 16 mila Km di linea ferroviaria è a binario unico, l’80 % dei materiale rotabile, scambi e rotaie è ormai logoro. Le ferrovie invece scelgono di acquistare 95 treni ad alta velocità che viaggeranno sui soli 300 km di linea realizzata.  Un calcolo effettuato dal comitato pendolari di Bergamo e Brescia indica in 500 € annui le perdite di reddito imputabili ai ritardi dei treni.

L’opposizione al progetto TAV in Valle di Susa e in generale i movimenti di opposizione alle cosiddette grandi opere hanno posto il problema di come si possa perseguire la modernizzazione mediante l’alta velocità con una situazione di generalizzata inefficienza, l’insostenibilità posta in evidenza dall’analisi costi benefici e un devastante impatto ambientale rimane una ragione da dibattere ampiamente.

1) – Il punto di vista della tutela ambientale: un punto di vista complesso che va articolato a partire dai diversi impatti territoriali che l’alta velocità pone nei diversi ambiti territoriali interessati dal tracciato.

2) – Le contraddizioni che emergono dal confronto tra il progetto di alta velocità ferroviaria e la situazione di inefficiente e caotica gestione organizzativa in cui versa il restante sistema ferroviario a “bassa velocità” nazionale. Senza speculare sui recenti incidenti ferroviari esiste un problema di sicurezza sulla linea ferroviaria e di scarsa volontà al potenziamento ed investimento di risorse.

LEGGE OBIETTIVO

La legge n.443 del 2001 (Legge Obiettivo) e il relativo decreto di attuazione (D.Lgs.190/02) introducono – in relazione alle opere individuate come strategiche tra cui le linee veloci realizzate da TAV – una nuova procedura autorizzativa in luogo di quella ordinaria rappresentata dalla e dalla relativa, utilizzate anche per le opere AV fino all’entrata in vigore della sopravvenuta normativa.Il D.Lgs. n.190 del 20 agosto 2002 individua la disciplina speciale che regola la progettazione, l’approvazione dei progetti e la realizzazione delle infrastrutture strategiche; per ciò che riguarda il profilo autorizzativo, la procedura prevista dal decreto si articola in due fasi:

–  nella prima fase il progetto preliminare dell’infrastruttura corredato dello studio di impatto ambientale è trasmesso al ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e, ove competenti, al ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio, al ministero per le Attività produttive ed al ministero per i Beni e le attività culturali, alle Regioni o Province autonome competenti per territorio ed agli Enti gestori delle interferenze.

Le Amministrazioni rimettono le proprie valutazioni al ministero delle Infrastrutture e dei trasporti entro 90 giorni dalla ricezione del progetto preliminare. Nei successivi 60 giorni il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti formula la propria proposta al CIPE che si pronuncia nei successivi 30 giorni. L’approvazione del CIPE, che non prevede una procedura di Conferenza di Servizi, è assunta a maggioranza con il consenso dei Presidenti delle Regioni o Province autonome interessate che si pronunciano sentiti i Comuni nel cui territorio si realizza l’opera.L’approvazione determina “l’accertamento della compatibilità ambientale dell’opera, e perfeziona, ad ogni fine urbanistico e edilizio, l’intesa Stato-Regione sulla sua localizzazione, comportando l’automatica variazione degli strumenti urbanistici vigenti ed adottati […]”.

Con riferimento all’effetto di accertamento della compatibilità ambientale di cui sopra, il citato decreto di attuazione prevede l’istituzione di una Commissione speciale di valutazione di impatto ambientale, composta da 20 membri oltre il Presidente, diversa ed ulteriore rispetto a quella che opera in via ordinaria. Questa commissione speciale provvede all’istruttoria tecnica sul progetto e, entro 60 giorni dalla presentazione del progetto, rende il proprio parere. Il provvedimento di valutazione di compatibilità ambientale viene quindi trasmesso dal ministero dell’Ambiente al ministero delle Infrastrutture e alle Regioni interessate e è adottato dal CIPE contestualmente all’approvazione del progetto preliminare.

nella seconda fase il progetto definitivo (integrato da una relazione del progettista attestante la rispondenza al progetto preliminare ed alle eventuali prescrizioni dettate in sede di approvazione dello stesso) – previo espletamento, ai sensi della legge 241/90, della pubblicizzazione ai fini della dichiarazione di pubblica utilità – viene rimesso a ciascuna delle Amministrazioni interessate ed ai gestori di opere interferenti. Detti soggetti, nel termine perentorio di 90 giorni dal ricevimento del progetto possono presentare motivate proposte di adeguamento o richieste di prescrizioni o varianti migliorative che non modifichino la localizzazione e le caratteristiche essenziali dell’opera.

Tali proposte/richieste/varianti vengono acquisite dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti tramite una Conferenza di Servizi con finalità istruttoria non disciplinata dalla procedura ordinaria, in esito alla quale, nei 90 giorni successivi il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti valuta le proposte/richieste/varianti pervenute e formula la propria proposta al CIPE.  L’approvazione del CIPE (sempre a maggioranza, con il consenso dei Presidenti delle Regioni o Province autonome interessate) del progetto definitivo, da rendersi entro 30 giorni, ha effetto di dichiarazione di pubblica utilità dell’opera e sostituisce ogni altra autorizzazione, parere, approvazione comunque denominato rendendo quindi l’opera definitivamente realizzabile.

Come detto l’approvazione del CIPE, tanto nella prima quanto nella seconda fase, viene reso a maggioranza, ma con il consenso dei Presidenti delle Regioni e Province autonome interessato: il motivato dissenso di queste ultime Amministrazioni, infatti, può essere superato, secondo il disposto del richiamato decreto di attuazione, soltanto facendo ricorso – nel caso di infrastrutture di carattere interregionale, quali le linee AV – alla procedura ivi prevista a tale riguardo.
Detta procedura prevede che il progetto, unitamente ai motivi del dissenso ed alla eventuale alternativa proposta dai dissenzienti, venga valutato dal Consiglio superiore dei lavori pubblici (alla cui attività istruttoria partecipano anche i rappresentanti delle Regioni e Province autonome interessate) entro 45 giorni dalla ricezione della documentazione; il parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici viene rimesso al CIPE che, entro 30 giorni, assume nuovamente le proprie determinazioni.

Ove anche in questa sede permanga il dissenso si provvede all’approvazione del progetto entro 60 giorni con Decreto del Presidente della Repubblica previa delibera del Consiglio dei Ministri su proposta del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, sentita la Commissione parlamentare per le questioni regionali. Infine, in caso di motivato dissenso espresso dal ministero dell’Ambiente o dal ministero dei Beni culturali, l’adozione del provvedimento di compatibilità ambientale è demandata al Consiglio dei Ministri che vi provvede nella prima riunione utile successiva.

Linea TAV Corridoio 5

La storia inizia il 7 agosto 1991 con la nascita di Tav spa, società a capitale misto pubblico e privato deputata a costruire in Italia quasi 900 km di linee ferroviarie per i treni ad alta velocità.

Lo Stato garantì il finanziamento del 40% in conto capitale, mentre finanziò il restante 60% (quello che doveva essere depositato da privati) attraverso prestiti bancari, accollandosi gli interessi degli stessi fino al completamento dell’opera. Il 10 marzo 1998 le Ferrovie di Stato che detenevano la maggioranza del capitale pubblico acquisirono il 100% di Tav spa e dal primo gennaio del 2003, ormai nell’ambito della “legge obiettivo” Tav spa è entrata nell’orbita di Infrastrutture spa, il cui azionista unico è la Cassa Depositi e Prestiti. Tutto questo gioco di scatole cinesi, nato una quindicina di anni fa dalla fervida fantasia dell’allora ministro del Bilancio Cirino Pomicino e perfezionato poi dal governo Berlusconi sotto il nome di “project financing” ha come unico scopo quello di permettere allo Stato di contrarre enormi debiti, senza però doverli iscrivere nel proprio Bilancio, evitando così che essi incidano nei parametri del Patto Europeo di stabilità.

I privati esistono veramente ma rivestono il ruolo di General Contractor grazie al perfezionamento di un’altra “intuizione” di Cirino Pomicino. Fiat IRI ed ENI (General Contractor) sono concessionari con l’esclusione della gestione, hanno cioè tutti i poteri del committente pubblico nella gestione dei subappalti, nella direzione dei lavori, negli espropri, ma non hanno poi la gestione diretta dell’opera, (caso unico in Europa) per cui il loro solo interesse, essendo disancorati dalla successiva gestione, sarà quello di fare durare i lavori il più a lungo possibile al fine di fare levitare al massimo la spesa. Inoltre il General Contractor a differenza del concessionario tradizionale di lavori o servizi pubblici potrà affidare i lavori a chi vuole anche con trattativa privata ed essendo un privato non sarà mai perseguibile per corruzione, poiché eventuali tangenti potranno essere giustificate sotto forma di “provvigioni”.

Un’architettura senza dubbio ingegnosa attraverso la quale si trasferisce tutto il rischio d’impresa dal privato allo Stato che alla fine dei lavori sarà però costretto a restituire i prestiti delle banche, aprendo così una voragine senza fondo nella quale precipiterà giocoforza la nostra già fragile economia.

Tra i progetti delle linee ad Alta Velocità c’è il cosiddetto Corridoio 5 che dovrebbe collegare Lisbona a Kiev, passando per il Nord Italia con collegamenti tra Lione (Francia) – Torino – Milano – Verona – Venezia – Trieste.

La tratta che passa nel territorio della Provincia di Brescia fa parte della linea Milano – Verona e dovrebbe attraversare, per 136 Km, 31 comuni lombardi e 5 veneti comprendendo 4 punti di interconnessione con altre linee:

  • Interconnessione di Treviglio est: mette in comunicazione la linea veloce lato Brescia con la stazione di Treviglio, consentendo l’inserimento dell’area di Bergamo;
  • Interconnessione Brescia Ovest: l’interconnessione si stacca dal Comune di Castrezzato, percorre circa 9,4 km in territorio libero e va a porsi in quadruplicamento alla linea storica in corrispondenza di Ospitaletto per avvedere a Brescia;
  • Interconnessione Brescia Est: si sviluppa in comune di Calcinato per circa 6.5 km. Consente ai treni provenienti da Venezia di effettuare servizio in stazione di Brescia;
  • Interconnessione merci: nel comune di Verona si stacca dalla linea AV una interconnesione merci per l’accesso al polo intermodale di Quadrante Europa.

Nella zona del Basso Garda il passaggio interesserà, direttamente, i comuni di Calcinato, Lonato, Desenzano, Sirmione, Pozzolengo, Peschiera, Castelnuovo del Garda; tra Lonato e Desenzano è prevista una galleria di circa 7 Km con profondità di circa 20/30 m e su un fonte di circa 30 metri. Il progetto preliminare è stato approvato nel luglio 2003 dalla Regione Lombardia con il parere favorevole anche delle Province di Milano, Bergamo e Brescia, di 10 comuni delle province di Milano e Bergamo interessati dal progetto, e dalla maggioranza dei comuni bresciani. Il progetto preliminare ed il piano di spesa della nuova linea sono stati approvati dal Comitato interministeriale di programmazione economica (Cipe) il 5 dicembre 2003. Il comunicato rilasciato dal Cipe autorizza le Ferrovie dello Stato ad avviare le attività preliminari alla realizzazione del progetto esecutivo .

 Qui trovi l’aggiornamento dello stato di avanzamento dei lavori a dicembre 2011. 

https://www.rfi.it/cms/v/index.jsp?vgnextoid=3b8cb4050e64c110VgnVCM1000003f16f90aRCRD#2

NO TAV in Val di Susa

L’opposizione al progetto dell’alta velocità in Val di Susa inizia già nel 1989 quando la Francia propone all’Italia di unirsi alla sua rete di TGV. Con la sponsorizzazione della Fondazione Agnelli, il progetto francese viene accettato, prevedendo la costruzione di un tracciato ferroviario che parta da Settimo Torinese e, attraversando la Val di Susa,arrivi in Francia con un tunnel di 52km sotto il massiccio dell’Albin.

Quali i motivi di tanta opposizione in Val di Susa?

La Val di Susa è collegata con l’Europa da due strade  statali, un’autostrada, una linea ferroviaria internazionale passeggeri e merci (l’attuale linea ferroviaria Torino-Modane è utilizzata solo al 38% della sua capacità). Il 35% delle merci che attraversano le Alpi passano dalla Val di Susa.

I 15 anni stimati per la costruzione dell’opera avranno un forte impatto ambientale: si stima che saranno almeno 5oo i camion che ogni  giorno attraverseranno la Val di Susa  con ovvio aumento del traffico e dell’inquinamento atmosferico e acustico.

A opera ultimata ci sarà un notevole aumento del traffico elettromagnetico.

Una delle gallerie previste dal progetto TAV interesserà il massiccio del Musinè, noto
per la presenza di amianto (esiste uno studio molto dettagliato da parte dell’Università di Siena); il tunnel Italia-Francia perforerà, invece, il massiccio dell’Ambin formato da rocce contenenti uranio.

L’esposizione alle polveri prodotte dagli scavi comporterebbe un grave rischio per la popolazione, tra cui già oggi si registra una percentuale anomala di decessi per mesotelioma.

Ancora avvolte nel mistero le modalità di smaltimento degli oltre 16 milioni di metri cubi di roccia estratti per la perforazione, il cosiddetto rosmarino.

L’apertura del tunnel provocherà il prosciugamento delle falde acquifere; il tunnel aperto tra Bologna e Firenze di 73 km ha già provocato il prosciugamento di 73 milioni di metri cubi di acqua di falda.

Da quando sono iniziati i sondaggi la valle è militarizzata: in alcuni comuni per accedere alla propria abitazione bisogna mostrare la carta d’identità ai posti di blocco permanenti di polizia e carabinieri.

Il costo previsto per questa tratta è di 15 miliardi di euro. Si spendono grandi somme per il sistema ferroviario veloce (una gran torta i cui profitti sono divisi tra imprenditori pubblici e privati, banche, politici e mafiosi…vedi “Corruzione ad Alta Velocità” di Ferdinando Imposimato) e si lascia andare a rotoli il sistema ferroviario tradizionale usato dalla stragrande maggioranza degli utenti.

Comitato No Tav delle colline moreniche del basso Garda

notavmoreniche@googlegroups.com

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